domenica 16 dicembre 2012

L'inguaribile mania di farsi del male

Supponiamo che Monti si presenti come candidato premier alle prossime politiche attraverso una lista che sia espressione di un rassemblement di parlamentari uscenti, personalità dell'economia e della finanza, di tirapiedi della borghesia italiana, i vari Casini, Fini per dirne un paio, i berluscones incollati alla poltrona di deputato o di senatore, i ministri di questo governo che ha salassato l'Italia promettendo mari e monti, appunto. Immaginiamo il battage elettorale dei media controllati dai poteri forti. Una gioiosa macchina da guerra, per ricordarne un'altra, vestita di tricolore e con la benedizione del pontifex maximus, e dell'Europa popolare e anche di parte, vedi Hollande, dell'Europa socialista, quella sollecita verso gli altri perché attenta ai propri affari nazionali.
Che fare? Che potrebbe fare uno che i sondaggisti dicono vincente? Perché dietro ci sono i ceti popolari, i lavoratori, i pensionati, un ceto medio impoverito da chi ha fatto solo gli interessi delle banche e dei pescecani della finanza. Proseguire, dunque, per la sua strada e giocarsi la partita seppure in uno stadio dove gli altoparlanti propagandano il tifo per l'avversario, consapevole di poter sfruttare una macchina di partito che può raggiungere capillarmente il proprio elettorato e un elettorato potenziale costituito da quanti in questi mesi del governo Monti hanno dovuto mettere le mani nelle proprie tasche per sacrifici fatti in cambio di nulla, hanno tirato la cinghia mentre altri continuavano a godersela la vita, senza cacciare un euro per risollevare il paese. Continuare per la propria strada proponendo rimedi concreti, azioni capaci di difendere il lavoro e l'economia, ma con un rigore che finalmente colpisca, senza se e senza ma, chi più ha e può dare. Tanto può dare del proprio superfluo. Azioni che puntino, non soltanto a parole, a favorire la crescita. Un programma per l'Italia, senza perdersi nella caccia a fantasmi veri o presunti, o in una gara a chi si porta a casa l'unto dal Colle. Essere di per sé, non esistere in funzione di altro o di altri, della cosiddetta "opinione pubblica", un falso creato dalle televisioni e dai giornali.
Ma soprattutto smettendola di farsi del male con le proprie stesse mani. Tanto che vien da dire che a far perdere, se perderà, il centrosinistra, non sarà Monti, ma il centrosinistra stesso, ancora una volta incapace di uscire da una logica di perdente a vita. Che senso hanno, per fare un esempio, parole come queste di Paolo Gentiloni, evidenziate da giornali di destra: "Monti sarebbe un concorrente temibile per il Pd. Consiglio Bersani di affrettarsi a ridare spazio a Renzi, invece di rinchiudere il Pd nella sinistra tradizionale"? Se non mostrare che il Pd stesso non sa o non vuole vincere. L'incapacità manifesta nel leggere i tempi di molti esponenti. intenti ad ammirarsi l'ombelico piuttosto che guardarsi attorno. è disarmante. Non aver capito e non capire che, dopo il successo delle primarie, fosse necessario mostrare uno schieramento compatto come non mai, granitico sulla linea indicata dai tre milioni di elettori che hanno partecipato a quella grande kermesse di democrazia, dimostra non solo una sorta di impotenza politica di certi personaggi che sarebbe, loro sì, più che giusto rottamare, altro che proporli come sindaci. Dimostra che gran parte degli "imboscati" nell'apparato romano del partito non credeva a quelle primarie, tanto da non aver ancora oggi digerito ed assimilato il risultato, risultato oltretutto magari anche indigesto. Il Pd è un partito democratico, certo, ma dovrebbe puntare ad essere qualcosa di meglio e di diverso dalla Balena bianca e dai suoi obsoleti metodi di gestire politica ed elettorato, a cui, con tutta evidenza, molti continuano ad essere affezionati. Ed è sperabile che le metafore immaginifiche di Bersani aiutino il segretario Pd, e candidato premier per investitura popolare, a mantenere dritta la barra del timone su una rotta che finora ha mostrato d'essere quella giusta.

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