sabato 19 gennaio 2013

Casini, il "nuovo" che avanza, da tempo!

Ciò che proverò a costruire oggi con le clip di YouTube non è proprio una storia, ma piuttosto un percorso che avrà come meta finale, in un mondo di rottamatori, rottami, rottamati e derogati, una ovvietà, che al contrario di altri personaggi si evidenzia sempre, però, troppo poco.
La prima clip ci mostra il Cavaliere che racconta la barzelletta su Nerone e i democristiani a Speciale Tg1 del 28 ottobre 1995. Nella nota al filmato del curatore dell'inserimento su YouTube, si fa notare, ironicamente, il contrasto tra quello che dice la barzelletta - i democristiani sono pericolosi - e quello che dice diplomaticamente Berlusconi al conduttore - con i democristiani si può anche trattare. Berlusconi, si osserva, spesso si serve delle sue storielle per dire scherzando quello che non può dire seriamente.


Come racconta  Simone Barillari nel libro Il Re che ride - Tutte le barzellette raccontate da Silvio Berlusconi, la barzelletta sarà ripresa da Berlusconi a dieci anni di distanza, nell'ottobre del 2005. Dopo mesi di contrasti tra Berlusconi e Marco Follini che contesta la leadership del Cavaliere nel centrodestra e vorrebbe introdurre le primarie, l'ex democristiano entra in minoranza nel proprio partito. L'Udc si sposta così sulla linea di Casini e torna ad appoggiare Forza Italia. Follini minaccia di dimettersi dall'Udc. Berlusconi ha vinto la sua battaglia nel centrodestra e in una conferenza stampa a Montecitorio dedica all'avversario la storiella di Nerone, spiegando che non è preoccupato per l'avvenire politico di Follini, dato che i democristiani non muoiono mai.
Come si è detto, allora l'Udc si spostò sulla linea di Casini e tornò ad appoggiare Forza Italia, cioè Berlusconi. Indicata, dunque, la clip d'epoca che segue e che ci mostra un grande Neri Marcorè.


Si sarà certo capito che l'argomento oggi è Pier Ferdinando Casini. Il 2 dicembre dello scorso anno, i giornali attribuivano a Casini questa frase: «Non sono così vecchio per essere rottamato e non sono così vecchio per andare al Quirinale, nel senso che devo acquisire ancora un po' di esperienza». Come, come? Guardiamoci la clip che segue. È il pomeriggio del 6 aprile 1992. Casini, allora esponente democristiano, viene intervistato durante lo speciale elezioni condotto da Bruno Vespa sul Tg1.


Erano i tempi in cui segretario della Democrazia Cristiana era Arnaldo Forlani. Nella clip che segue, il segretario della Democrazia Cristiana prende atto della sconfitta del suo partito e se ne assume la responsabilità, lasciando intendere sue possibili dimissioni. L'intervista è di Maurizio Santarelli dalla sede della DC, in onda nel Tg3 di lunedì 6 aprile ore 19, condotto da Mariolina Sattanino.


Questa la trascrizione a cura del curatore dell'Archivio Pavan.
« - Una domanda che l'Italia in queste ore si aspetta: quale governo?
Ah, proprio non lo so. È stata una partita difficile e il risultato non mi pare che corrisponda alla esigenza che noi abbiamo insistentemente sottolineato, la esigenza di una governabilità coerente e sicura. Io su questo ho impostatola campagna elettorale della Democrazia Cristiana e il mio partito, pur restando saldamente il primo partito, non ha visto accolto questo invito, e quindi ne dovremo trarre le conclusioni. Naturalmente io mi assumo le mie responsabilità...
- Questo cosa significa "che si assume le sue responsabilità, segretario"?
Io ho guidato la Democrazia Cristiana in questa campagna elettorale e ho insistito sulla necessità di una linea coerente che potesse consentire un quadro politico stabile, un governo sicuro. Mi pare che la risposta dell'elettorato vada in direzione di una frammentazione del quadro politico. Adesso rifletterò, guarderò i risultati finali, parlerò naturalmente con i miei amici e poi ne trarrò in modo sereno le conseguenze, come mi pare che sia giusto.
- Cossiga prima delle elezioni diceva: "Pds? Non mi opporrei se entrasse nel governo". Lei credo che l'abbia visto in questi momenti, proprio. Forse viene direttamente dal Quirinale. C'è la possibilità di un governissimo, allo stato attuale, anche ricominciando da quattro?
Mi pare che adesso sia prematuro ipotizzare formule di governo. Certamente si apre un capitolo che è tutto da scrivere. Aumentano gli elementi di incertezza e di confusione. Bisognerà fare qualche cosa di diverso dal passato e, siccome io non sono uomo per tutte le stagioni, qualcun altro provvederà. »
Alla fine della clip, Corradino Mineo sottolinea il passaggio "niente sarà come prima" ... dopo questo voto che ha provocato un terremoto nel mondo politico italiano. Forlani addirittura mette a disposizione il suo mandato. Siamo come si sa ad una svolta epocale. Erano gli ultimi tempi del Craxi statista.


Ma torniamo al nostro, a Casini. Così come il suo "gemello" Fini, era, dunque, sul palcoscenico della politica italiana ben prima di Silvio Berlusconi. Non occorre, ricordando l'ultimo Crozza di Ballarò, fare la prova del carbonio 14 per accertarsene. E allora? Ancora si candidano... e sempre dietro qualcun altro!

Le priorità del Nord verso un altro possibile federalismo

Nella Lega 2.0 anche Salvini è un personaggio politico molto diverso da quello dei tempi di Bossi. La clip mostra un momento della trasmissione Servizio Pubblico di Michele Santoro di giovedì scorso, 17 gennaio. Salvini spiega le ragioni per cui la Lega appoggia l'alleanza con Berlusconi e le priorità che la Lega Nord si pone e propone all'elettorato della Lombardia, e non solo, da attuare attraverso un altro possibile federalismo.

Favia: Il voto utile una presa in giro degli elettori

Antonio Ingroia oggi ha presentato, come candidato di Rivoluzione Civile, Giovanni Favia, l'ex grillino espulso dal Movimento 5 Stelle da Grillo. Favia nel suo intervento, dopo essersi dichiarato espulso e felice, e contento della scelta fatta di candidarsi con la lista di Ingroia, dove il dialogo è possibile, attacca il Pd: "Chi parla di voto utile prende in giro gli elettori". E ha fatto anche altre interessanti affermazioni, che è giusto sentire dalla sua viva voce.

Bersani, Ingroia e le responsabilità

La clip di Franz Baraggino per il Fatto Quotidiano, fissa la risposta di Pierluigi Bersani, segretario e candidato premier del Pd, ad Antonio Ingroia, che ha oggi annunciato la chiusura del dialogo con il Pd. "Ognuno si prenderà le sue responsabilità", dice il leader del Pd oggi a Milano. Ingroia nella sua conferenza stampa ha oggi addossato a Bersani la responsabilità del disastro di Monti che ha colpito pesantemente i ceti medio bassi, dai lavoratori ai pensionati. Quanto alla desistenza, Bersani aggiunge: "Avremmo apprezzato un gesto di responsabilità, soprattutto in Lombardia, ma non abbiamo mai fatto trattative su questo".

Quando costa caro fare il sindacalista

In un precedente post, Quando il bel tempo antico si chiamava Art. 18, avevo riportato la testimonianza di un sindacalista, lavoratore della Bnl, che era stato licenziato per motivi che si potevano far risalire, quanto a ipotetiche cause reali, alla gestione del Fondo Pensioni. Ieri su Il Pane e le Rose è comparso una nota, a firma Radisol, con il contenuto che segue ed il link al video che trovate allegato sotto. Dice la nota, ripresa come ho scoperto dopo dalla descrizione della clip su YouTube: Sempre a proposito di BNL e di licenziamenti politici dalla Banca BNL si evince con questo racconto, una vicenda intercorsa con un suo quadro dirigenziale, che cercare di portar alla luce dei fatti scomodi può costare caro. Talmente caro che ci si può ritrovare senza lavoro o, come in questo caso simile agli operai FIAT, comunque fuori dal ciclo produttivo e percependo un salario. Come si possa permettere questo in un paese civile, come non possa essere ritenuto umiliante, ancora è un mistero. Francesco Ielo, sindacalista di base, con il suo staff, denuncia "anche" tramite la trasmissione REPORT un illecito sommerso, in pieno conflitto di interessi, nei fondi pensione trattati in BNL . Da quel momento scattano nei suoi confronti richieste particolari, fino a trovarlo mancante della copia fotostatica dei certificati medici già consegnati a seguito di un incidente automobilistico. A sicurezza sopraggiunta che non avesse più la possibilità di riproporli, la Banca lo licenzia discreditandolo con ogni mezzo, per aver fornito dei certificati da lei comunque in possesso, ritenuti falsi, fatti disconoscere dal medico, in quanto realmente tali. Dal ritrovamento casuale delle copie degli originali certificati, riconosciuti dal medico in questione e dai testimoni scatta il reintegro al posto di lavoro da parte del giudice (passati due anni)... ma ancora oggi vittima di sopruso e tagliato fuori.
La clip è realizzata dal Movimento 5 Stelle, al quale il dott. Francesco Ielo concede l'intervista per raccontare il suo caso.

In quattro anni persi 567mila posti di lavoro

Alla vigilia dello scoppio della Grande Crisi, nel 2008 - si legge su Liberazione.it - il tasso di occupazione in Italia era del 59%, pari a 23.518.000 persone: oggi la percentuale è del 56.9%, pari a 22.951.000 di occupati. In quattro anni di crisi, dunque, l'Italia ha perso ben 567.000 occupati. Lo segnala un'analisi dell'Osservatorio Cig-Occupazione della Cisl che sottolinea come i dati Istat del terzo trimestre 2012 rispetto al terzo trimestre del 2008, evidenzino un netto peggioramento dello scenario. «Infatti - spiega la Cisl - la stabilità del numero di occupati non può considerarsi un segnale di uscita dalle criticità, essendo dovuta all'aumento degli occupati con almeno 50 anni, a sua volta provocato dalla forzata permanenza al lavoro per via delle riforme pensionistiche» (merito del ministro Fornero).
A tale fenomeno corrisponde il calo di occupati delle fasce di età inferiori, soprattutto i più giovani (come volevasi dimostrare). Gli effetti della crisi - continua l'analisi del sindacato - si mostrano anche nella riduzione del lavoro a tempo indeterminato, mentre crescono i dipendenti a termine ed i collaboratori, e nella riduzione del tempo pieno con contestuale aumento del tempo parziale involontario. Come dire che senza lavoro flessibile e part time il calo dell'occupazione sarebbe ancora maggiore; la Cisl, inoltre, segnala che è ancora il settore industriale a mostrare chiari segnali di sofferenza. Non basta: dicembre 2012 si è chiuso con ben 86,5 milioni di ore autorizzate di cassa integrazione, che portano il totale, per tutto il 2012, a qualcosa come 1,09 miliardi contro i 973,2 milioni del 2011: il 12,1% in più. Con i dati definitivi del 2012 le ore di cassa integrazione si attestano intorno al miliardo per il quarto anno consecutivo, corrispondenti a circa 500.000 lavoratori mediamente coinvolti ogni anno. Rispetto ai valori pre crisi (2007) nel periodo 2008-2012 ci si assesta così su livelli di circa sette volte superiori. Il settore più in sofferenza è certamente il commercio, mentre l'area geografica più penalizzata è il Centro Italia.

Ingroia a Bersani, ci rivredremo in Parlamento

Nella clip la conferenza stampa di presentazione di Rivoluzione Civile da parte del suo leader Antonio Ingroia, alla Camera dei Deputati in data odierna, 19 gennaio 2013. L'intervento è inframmezzato da un frammento della presentazione delle liste del Pd, sempre oggi a Milano da parte di Bersani. Rivoluzione Civile chiude la porta al Pd ed Ingroia manda a Bersani un "ci rivedremo in Parlamento". Per Ingroia il Pd ha contribuito al disastro del governo Monti, che ha scaricato il costo della crisi sui ceti medi e bassi per preservare i ceti agiati, i ricchi. Il Pd ha la responsabilità del disastro Monti. Rivoluzione Civile è alternativa a Monti e Berlusconi, Bersani insegue Monti sullo stesso terreno.

La guerra civile siriana diventa un videogame

Un nuovo videogame offre ai giocatori la possibilità di prendere parte virtualmente ad una guerra in atto nella realtà, la guerra civile siriana. Il gioco ha fatto scandalo soprattutto per la scarsissima sensibilità verso la morte di almeno 60.000 persone nei quasi due anni causata dal conflitto in corso.

Prime fratture tra gli oppositori di Assad

Mentre i combattimenti continuano in Siria contro l'attuale regime, cominciano a farsi vedere fratture nell'ambito del fronte anti-Assad composto da combattenti della Jihad islamista e dai gruppi ribelli della Libera Armata siriana. Gruppi jihadisti, specialmente Jabhat al-Nusra affiliato ad al-Qaeda, hanno dichiarato la loro aspirazione a dirottare gli obiettivi della rivoluzione e ad instaurare uno stato governato dalla Sharia, cosa che ha molto contrariato i commandanti dei ribelli nel nord della Siria.

I veramente impresentabili del Pd

Ecco nella clip de il Fatto Quotidiano la decisione della commissione di garanzia del Pd, presieduta da Luigi Berlinguer, circa la candidabilità di alcuni esponenti del partito di Bersani. Son fuori dalle liste Mirello Crisafulli, Antonio Papania, Nicola Caputo. Ci sono poi due rinunce volontarie: Brembilla e Luongo.


In precedenza, il Fatto Quotidiano aveva diffuso un'altra clip in cui il segretario del Pd Pier Luigi Bersani si esprime prima della decisione: "Rispetterò quello che deciderà la commissione. Noi abbiamo un codice etico e noi lo rispettiamo". Di seguito Massimo Mucchetti, giornalista, ex vicedirettore del Corriere della Sera e ora candidato Pd al Senato, dichiara in merito: "Non ho studiato. Non conosco i casi dei candidati che voi ritenete incandidabili". Dichiarazioni da centellinare come un vino d'annata.

venerdì 18 gennaio 2013

Perché Grillo non va in televisione?

La clip, a cura di  Piero Ricca e Niccolò Brindasso, mostra alcune opinioni espresse dalla gente comune sui motivi per i quali il leader del Movimento 5 Stelle non fa la fila, come tutti gli altri politici, per andare in televisione. I motivi sono noti: dalla critica al sistema dei media alla volontà di non mescolarsi con la Casta. C'è chi vede in tale scelta la fuga dal contraddittorio di uno showman abituato al monologo e chi vi ritrova la naturale conseguenza di una strategia comunicativa che punta tutto su Internet.

Ricorsi storici. Monti alla Fiat

La clip di Mario Monti a Melfi con Marchionne è stata riproposta ieri nella trasmissione di Michele Santoro Servizio Pubblico su La7. "La Fiat è lo specchio dell'Italia". Endorsment? Si chiede la redazione a commento dello spezzone su YouTube. "Non ci erano piaciuti per niente gli applausi, anche se sicuramente imposti dalla presenza tra le fila degli operai dei capisquadra, tributati a Mario Monti e a Marchionne in occasione della visita allo stabilimento FIAT di Melfi a dicembre, e non solo perché indici di una coscienza della propria condizione molto scarsa quanto, soprattutto, in considerazione di quello che la FIAT ha promesso e non mantenuto in questi due anni, dalla famosa firma del contratto aziendale con cui essa sancì l’uscita dalla Confindustria, separando i destini dei propri dipendenti da quello di tutti gli altri metalmeccanici. (...). Del piano e degli investimenti promessi non c’è stata mai traccia in questi due anni e c’è voluta proprio una bella faccia tosta, da parte dei vertici aziendali ma soprattutto di Bonanni ed Angeletti, a prestarsi a quella farsa davanti agli operai di Melfi. Ieri, infatti, la FIAT ha annunciato due anni di Cassa Integrazione per questo stabilimento, ufficialmente per ristrutturare le linee per la produzione del SUV, marchio Jeep Chrysler", scrive il Sindacato Unitario di Base in un suo documento che ho riportato in altro post, sempre oggi. Ed è, di per sé, un commento ottimo e abbondante.


Se endorsment è stato, è certo un autogoal e marchiano. Mi sembra oltretutto piuttosto un déjà vu, un altro di questo periodo, tant'è che vien da chiedersi, lo dico sorridendo, se per caso, noi italiani, non siamo comparse nel film Matrix. Provare per credere, guardatevi la clip che segue, e buttate là un confronto. Stupefacente, no? È il 24 ottobre 1932, Mussolini parla agli operai della Fiat al Lingotto.

Monti salvagente delle banche

Nella puntata di Servizio Pubblico di ieri, l'avvocato Roberto Vassalle ha spiegato quali sono gli interessi dietro i movimenti finanziari ed economici nella penisola e chi sono burattini e burattinai, la vera natura del governo tecnocratico di Mario Monti e la vera funzione della classe politica italiana da sempre. Un discorso chiaro e netto che, va detto, difficilmente avrebbe trovato posto in altre trasmissioni, di Rai, Mediaset e della stessa La7.

Il sanguinoso blitz dell'esercito algerino

Anna Maria Merlo racconta su il manifesto la giornata di ieri in Algeria, dove  l'assalto dell'esercito algerino al sito di estrazione di gas, nelle mani di un gruppo di islamisti, è finito in tragedia:  morti 35 ostaggi e 15 rapitori.
L'esercito algerino è intervenuto nel sito di estrazione di gas d'In Amenas, dove un gruppo armato di islamisti seguaci di Mokhtar Belmokhtar il «guercio» aveva preso decine di ostaggi, ed è stato un bagno di sangue. Londra, soprattutto Tokyo, ma anche Parigi e Washington hanno reagito, chiedendo spiegazioni ad Algeri per «le condizioni drammatiche» (parole di Hollande) in cui ha avuto luogo l'intervento, che non ha tenuto conto della vita degli ostaggi.
Le informazioni sono trapelate con il contagocce, ma secondo alcune fonti degli elicotteri avrebbero bombardato una colonna di assalitori che cercava di portare degli ostaggi in un luogo più sicuro. 34 ostaggi e 15 rapitori sarebbero stati uccisi nell'attacco. Alcuni - sembra sette - sono stati liberati o sono riusciti a scappare, come anche numerosi algerini (una fonte parla di 600 persone) che erano stati presi prigionieri. L'esercito algerino afferma di aver liberato 25 ostaggi stranieri, 4 sarebbero stati liberati al momento dell'assalto (un francese, un keniano, 2 scozzesi). L'Irlanda ha confermato la liberazione di un suo cittadino. Nel blitz sarebbe rimasto ucciso anche il capo operativo del gruppo islamista, Abou El-Barra. Un tentativo di trattativa sarebbe fallito e avrebbe aperto la strada all'attacco con gli elicotteri: per l'Algeria la zona di estrazione del gas e del petrolio è molto securizzata, perché qui risiedono le fonti di ricchezza del paese. Il sito di In Amenas è sfruttato al 45% dalla Bp britannica, assieme alla Sanatrach, il gruppo algerino di idrocarburi e alla norvegese Statoil. Da qui viene estratto un sesto della produzione di gas del paese e le esportazioni rappresentano il 18% sul totale dell'export di gas algerino. La Bp ha annunciato ieri l'evacuazione dall'Algeria di tutto il suo personale «non essenziale». Il gruppo di Mokhtar Belmokhtar, islamista algerino addestrato in Afghanistan, è il più ricco della regione, specializzato in traffici e sequestri.
François Hollande ha affermato, confermando l'operazione in corso nel pomeriggio, di avere «piena fiducia negli algerini». Ma l'operazione dell'esercito africano è stata ben lungi dalla «migliore soluzione» auspicata a Parigi. Per tutta la giornata sono arrivate informazioni confuse, a volte contraddittorie, provenienti dall'agenzia stampa algerina, da Al Jazeera e dall'Ani, agenzia della Mauritania voce degli islamisti. Nessun giornalista occidentale è sul posto. A Parigi Hollande ha preferito limitare al massimo le informazioni, perché rischiano «di essere sorpassate dagli avvenimenti», ha precisato il presidente.
Il sequestro degli ostaggi a In Amenas ha internazionalizzato l'intervento francese in Mali, coinvolgendo cittadini di varie nazionalità. Per il ministro degli esteri, Laurent Fabius, «non siamo soli, siamo precursori». I sequestratori hanno affermato di aver agito «in rappresaglia» alla presenza francese in Mali, ma probabilmente, come ha sottolineato anche l'ex ministro della difesa Gérard Longuet, «non c'è un legame diretto, perché una presa d'ostaggi richiede preparazione, ci sono evidentemente volute settimane per far arrivare uomini e mezzi». L'azione francese può essere stata però «l'elemento scatenante» dell'operazione di sequestro, che ha rivelato l'ampiezza del controllo della zona raggiunto dagli islamisti armati. L'Algeria si trova ora in pieno in un conflitto che ricorda il periodo nero della guerra civile degli anni '90-2000, anche se allora non c'era mai stato un maxi sequestro dell'entità di quello di In Amenas.
Sul fronte malino, gli Usa hanno già inviato aerei di rifornimento e droni a supporto dei francesi. La Gran Bretagna è presente con degli aerei da trasporto Transall e due apparecchi simili sono stati promessi dalla Germania alla forza africana. Ieri, il ministro della difesa, Jean-Yves Le Drian, ha incontrato a Berlino il suo omologo Thomas de Mazière. 2mila soldati del Ciad arrivano oggi a Bamako, dei militari sono già arrivati dalla Nigeria, potenza regionale anglofona. Il Togo ha promesso rinforzi. Il Canada ha inviato un aereo da trasporto gigante C17. Ma per il momento, nessun paese sembra disposto a mandare dei militari a combattere in Mali accanto ai francesi.
A Bamako sono arrivati ieri dei Puma francesi e altri armamenti. La presenza di forze terrestri francesi sul suolo del Mali è messa in discussione anche a Parigi, dove alcuni politici, tra cui l'ex primo ministro di destra Alain Juppé, si interrogano sull'opportunità di un'implicazione così diretta. Come per gli Usa, la strategia del lead from behind, di copertura logistica dell'intervento degli africani, è considerata da molti maggiormente opportuna. L'union sacrée politica comincia così a mostrare le prime piccole crepe, dopo la discussione in parlamento di mercoledì, che ha messo in luce soprattutto la preoccupazione dell'isolamento della Francia e le critiche per il mancato voto del parlamento prima dell'operazione. «Non possiamo essere i mercenari d'Europa» afferma Pierre Lellouche, presidente (Ump) del gruppo Sahel dell'Assemblea. L'opinione pubblica è ancora in grande maggioranza dietro Hollande.

Fiat Monti et Monti fuit

Qualche giorno fa, l'Unione Sindacale di Base (USB) ha pubblicato sul suo sito un editoriale dal titolo "Manager moderno o padrone delle ferriere?", eloquente di per sé, che osservava come alla Fiat degli investimenti promessi non rimane che una minima traccia mentre abbondano cassa integrazione e repressione". Scrive il sindacato:
Non ci erano piaciuti per niente gli applausi, anche se sicuramente imposti dalla presenza tra le fila degli operai dei capisquadra, tributati a Mario Monti e a Marchionne in occasione della visita allo stabilimento FIAT di Melfi a dicembre, e non solo perché indici di una coscienza della propria condizione molto scarsa quanto, soprattutto, in considerazione di quello che la FIAT ha promesso e non mantenuto in questi due anni, dalla famosa firma del contratto aziendale con cui essa sancì l’uscita dalla Confindustria, separando i destini dei propri dipendenti da quello di tutti gli altri metalmeccanici.
Quel contratto fu firmato dai sindacati complici FIM UILM FISMIC, fortemente voluto dai segretari di CISL e UIL, Raffaele Bonanni e da Luigi Angeletti i quali accettarono per buona, in cambio, la promessa verbale di un piano industriale con investimenti pari a 20 miliardi di euro.
Del piano e degli investimenti promessi non c’è stata mai traccia in questi due anni e c’è voluta proprio una bella faccia tosta, da parte dei vertici aziendali ma soprattutto di Bonanni ed Angeletti, a prestarsi a quella farsa davanti agli operai di Melfi.
Ieri, infatti, la FIAT ha annunciato due anni di Cassa Integrazione per questo stabilimento, ufficialmente per ristrutturare le linee per la produzione del SUV, marchio Jeep Chrysler, ma siccome "di doman non v’è certezza" bisogna cominciare a preoccuparsi, visto quanto è successo a Pomigliano dove, invece dei mirabolanti investimenti promessi, l‘azienda ha firmato l’ennesimo accordo con i soliti FIM UILM e FISMIC per il prolungamento della CIG per gli oltre 2000 lavoratori rimasti con la bad company, la vecchia azienda FIAT. Per loro non solo non c’è alcuna possibilità di rientro ma con l’entrata di vigore della riforma degli ammortizzatori sociali, firmata Fornero, anche la cassa integrazione non costituisce più un ombrello protettivo seppur parziale
Marchionne al contrario ha ottenuto dal Governo per la new company, Fabbrica Italia, che a Pomigliano ha assorbito 2150 su un totale di 4500 lavoratori, con un’operazione a dir poco sconcertante, la concessione della CIG in deroga, come se si trattasse di una piccola impresa o di un artigiano. A rigor di norma non aveva infatti diritto alla CIG visto che si trattava di una nuova azienda.
Più o meno la stessa sorte è toccata a Mirafiori, dove a produrre la Mito lavorano in 1000 su 5.500 addetti per non più di 3/4 giorni al mese, tutti gli altri a casa, mentre non sta molto meglio neppure lo stabilimento di Cassino che non trova alcun riferimento nella casella investimenti prospettati da Marchionne.
Altro che “manager più moderno, un maestro ristrutturatore” come lo ha definito il Financial Times, lo andassero a raccontare a tutti gli operai colpiti dai licenziamenti, dalla CIG e dalla repressione della FIAT, come succede alla SEVEL di Atessa in cui si cerca di intimorire chi si oppone all’aumento dei ritmi, ai sabati di straordinario imposti in concomitanza con la CIG con ritorsioni: cambi di turni a coppie di coniugi i quali, collocati nella stessa fascia oraria, non possono più dividersi la cura dei figli minori, cambi di officina o di mansioni, ai quali segue imposizione di visita medica per accertare l’idoneità fisica al lavoro.
Assomiglia molto più allo stile dei padroni delle ferriere dell’800!

giovedì 17 gennaio 2013

La Lega in pasto ai giornali

Do per scontato che chi legga questo post, abbia letto il precedente, Quote latte, "la Lega non c'entra". Parola di pm, e pure il post Bucce di banana. Come si è detto, la magistratura ha affermato che con l'inchiesta sulle quote latte, e relative perquisizioni, la Lega non c'entra e Maroni ha annunciato che la Lega presenterà querela contro i giornali che hanno gettato fango sul suo partito. In questo post proverò a documentare i più consistenti schizzi di fango comparsi sulla carta stampata oggi. Cominciamo con il quotidiano dei Vescovi, Avvenire.

In prima pagina, nel taglio medio, a fianco di un riquadro con una foto di Mario Monti e un argomento positivo per il lettore cattolico, "Monti: il matrimonio? È tra un uomo e una donna", quanto vedete: "Quote latte, il Carroccio nella bufera" e l'occhiello insinua "Bancarotta e corruzione. Gdf nelle sedi di Milano e Torino". E poi due rimandi ad effetto: "Ai militari è stato negato l'accesso agli uffici dei parlamentari, che gridano al complotto" e l'altro, "L'ex-senatore del Carroccio Fruscio, che aveva denunciato lo scandalo: «Sono disgustato».
E veniamo a l'Unità. Qui siamo addirittura al titolo d'apertura.

Proseguendo, vediamo di seguito qualche articolo. Cominciamo da La Stampa.

Ora a leggere l'articolo di Paolo Colonnello non vi è nulla  se non il racconto di quanto finora è emerso dall'inchiesta riguardante la bancarotta di una società cooperativa "La Lombarda", una società cooperativa privata che non ha nulla a che fare con la lega. I militari erano venuti in Via Bellerio col compito, dice il giornale, di perquisire gli uffici, a Milano, della segretaria di Bossi Daniela Cantamessa e, a Torino, della segretaria amministrativa della segretaria amministrativa della Lega piemontese Loredana Zola, entrambe sentite come persone informate sui fatti, cioè come testimoni per i loro rapporti con gli ex amministratori della società fallita. L'unica "esagerazione" nell'articolo è il definire "«bottino» della Finanza, quel poco che par di capire è stato acquisito. E poi ovviamente tutto il gratuito almanaccare sulla vicenda della cooperativa, sottointendendo retroscena, vicenda che come si evince dallo stesso articolo poco c'entra col partito della Lega, se non per il fatto che i magistrati hanno sentito alcuni esponenti del Carroccio, il figlio di Bossi, Renzo, la compagna di Calderoli, Gianna Gancia, presidente della provincia di Cuneo, l'ex ministro dell'agricoltura Zaia e l'ex senatore Fruscio.


Nel titolo di la Repubblica è evidente la volontà di far pensare che quanto si va dicendo è riferibile al partito di Maroni. E con un incipit dell'articolo così, si sa già dove si vuol far arrivare la fantasia del lettore: "Forse dovevano arrivare i tempi delle vacche magre, o forse il sistema di mungitura era già talmente chiaro, lì, da vedere. Bastava solo mettere insieme dei passaggi, dei pezzi, delle dichiarazioni, e insieme le leggi, le promesse, le regole non rispettate, la resistenza a oltranza degli ultrà del latte".
Anticipo che domani troverete gli articoli che cito in un piccolo dossier nella pagina del blog Documentazione.
Per rafforzare, nell'edizione di Milano de la Repubblica, Andrea Montanari racconta di quando "Renzo Bossi diceva «Ci pensa papà»": "Il legame tra la Lega e i «Cobas del latte» anche in Regione ha origini lontane. Fanno parte della storia le immagini del figlio di Umberto Bossi, Renzo detto «il Trota», che sotto il Pirellone rassicura gli allevatori che non vogliono pagare le multe per le quote sforate: «Non vi preoccupate, ci pensa mio padre». Sul marciapiede del Palazzo della Regione, tra gli allevatori armati di bandiere verdi e trattori e perfino qualche mucca, c'era anche l'allora ministro del Carroccio Roberto Calderoli". E così via a citare e fare nomi, sull'onda dei ricordi che non guastano nel dare colori al quadro che si va dipingendo.


Il Messaggero segue invece un'altra strategia informativa, anche perché la Lega è affare del Nord, e chi conta a Roma è Berlusconi. Così eccoti un bel titolo come a dire: ma con chi si è andato ad alleare quello?

Tornando su Repubblica il buon Gad Lerner dà il massimo col suo pezzo "Mangiatoie padane" a commento di un evento che non c'è. "L'odore di stalla è ancora il più lieve, rispetto alle pestilenziali esalazioni dei bilanci leghisti che ammorbano la Lombardia, dai rimborsi a piè di lista del banchetto nuziale fino ai buoni acquisto di elettrodomestici distribuiti al Senato", tanto per dare un assaggino dell'articolo, che chi non l'ha letto lo troverà, come anticipato, domani nella pagine del blog Documentazione.
E poi c'è su La Stampa Giovanni Cerruti con il suo "Incubo padano".


E ancora l'Unità con i suoi articoli riportati sotto.



ItaliaOggi fa il punto con la nota politica con cui chiudo dopo aver detto che articoli equilibrati o "scandalizzati" dalle perquisizioni sotto le lelezioni, li trovate già ora nella Rassegna Stampa.

Quote latte, "la Lega non c'entra". Parola di pm

Nonostante le perquisizioni alle sedi della Lega Nord, nell'inchiesta sulle quote latte "non c’è alcun politico o funzionario pubblico indagato per corruzione". A dirlo è il procuratore aggiunto di Milano Francesco Greco, sottolineando che le indagini dei giorni scorsi non riguardavano il Carroccio, ma erano volte all’acquisizione di documenti che potessero essere utili nell’ambito di un’inchiesta solo per l’ipotesi di bancarotta grave, che comunque non riguarda in alcun modo il partito o i suoi esponenti. Il procuratore aggiunto, inoltre, sostiene che ci sono solo quattro indagati, e si tratta degli amministratori di fatto e di diritto della società fallita. Così sintetizza la notizia del giorno, Chiara Sarra su ilGiornale.it. Notizia del giorno non il fatto in sé, ma il déjà vu che esso rappresenta. La Lega in ripresa, anzi in netto vantaggio col Pdl in Lombardia nelle teste e nei cuori dei lombardi, ed ecco, come ho scritto in altro post le bucce di banana sul suo percorso nella speranza di distrarre qualche elettore.
Proprio questa mattina mi è capitato sotto gli occhi la clip che segue, che ben testimonia la sensazione appunto oggi di un déjà vu. Siamo nel 1994, la sinistra guidata da Achille Occhetto (i "Progressisti") ha messo in campo la "gioiosa macchina da guerra" che sembrava destinata a vincere facilmente le elezioni politiche, dopo gli scandali di Tangentopoli. Ma la discesa in campo di Silvio Berlusconi, come si sa, rovinò i piani di Achille Occhetto. Ebbene che successe allora tre giorni prima delle elezioni?


Roberto Maroni su Facebook accusa i "giornali mascalzoni" che hanno gettato fango sulla Lega. E annuncia querela: "Chiederò 10 milioni di euro, da dare in beneficenza". E quali sono questi giornali? Per dire quelli che ho potuto vedere, i cui articoli saranno argomento di un prossimo post: la Repubblica, La Stampa, Corriere della Sera, Il Messaggero, l'Unità. Ma immagino che siano in buona compagnia con altri.

Il gioco delle parti

Contrordine, compagni. E scusate se abbiamo scherzato. Sembra questo il messaggio del responsabile Economia del Pd Fassina ai microfoni de il Fatto Quotidiano, a Roma, davanti al Teatro Ambra Jovinelli dove si è aperta la campagna elettorale del partito. Desistere, poi, perché, ci si potrebbe chiedere a sinistra; per far vincere, alla fin fine, Monti? Siamo già alle proposte oscene, pare.

Non facciamoci del male

Appello umanitario. Se vi volete bene, e se oggi avete la malaugurata idea di farvi del male il 24 o il 25 febbraio nella cabina elettorale, concedetevi una chance di riscatto e di  salvezza: guardate e riguardate questa fantastica clip di Alessandro Sortino andata in onda nell'ultima trasmissione di Formigli Piazza Pulita. L'illuminazione, improvvisa, è sempre dietro l'angolo.

Quando il bel tempo antico si chiamava Art. 18

Innanzitutto due parole di spiegazione dell'icona scelta per distinguere questo post. Se la questione che verrà riportata per contribuire a darne diffusione non fosse, direi, drammatica, si potrebbe scherzare che il nostro signor K., di cui si racconteranno le vicissitudini, ha ricevuto dalla Giustizia italiana, quella che non ci vede da tutti e due gli occhi, proprio un bel regalo natalizio, un pacco natalizio vero e proprio, da qui l'icona. Purtroppo è una vicenda troppo sconcertante per farla passare sotto silenzio. K. ha pubblicato la sua vicenda giudiziaria, una causa di lavoro, il giorno 15, martedì, con un post sul sito Bella ciao.org, ripreso oggi sul sito Il Pane e le Rose. Vediamo il racconto.
Quando, ad inizio estate, fu approvata dalla "strana maggioranza" la cosiddetta riforma Fornero sul mercato del lavoro, giornali e televisioni ci riempirono di "solenni minchiate". Ci dissero che sì, anche se il giudice dava ragione al lavoratore in una causa di licenziamento, lo stesso giudice poteva optare tra il "reintegro" o una "indennità economica". Ma ci dissero pure che, in cambio, la sveltezza imposta alle cause di licenziamento, sarebbe stata un grosso vantaggio per il lavoratore che prima doveva invece aspettare anni per arrivare ad un dibattimento e vedere quindi riconosciuta l’eventuale infondatezza del licenziamento.
Non voglio annoiare troppo con la mia storia, di cui si è certamente parlato molto nei mesi scorsi. Sono stato licenziato in giugno, dice Bnl, in seguito ad una condanna penale in primo grado, avvenuta nel febbraio 2012, a due mesi e venti giorni. Condanna per aver presentato documentazione falsa nel 2004 onde ottenere un anticipo sul mio "zainetto previdenziale" presso il Fondo Pensioni. Ovviamente si trattava di sentenza di primo grado, quindi provvisoria, rispetto alla quale è stato interposto regolare appello, e che oltretutto cadeva in prescrizione lo scorso settembre 2012. Quindi, volendo, causa penale già morta e sepolta.
Ricorro in tribunale contro il licenziamento. Nel mio caso, essendo stato licenziato circa un mese prima dell’entrata in vigore della riforma Fornero e trattandosi poi di un fatto risalente a ben sette/otto anni prima, si applica inequivocabilmente il vecchio Art. 18, c’è solo la possibilità del "reintegro". Questo però non impedisce che venga applicato anche al mio caso il nuovo "rito Fornero", quello svelto, quello che dovrebbe garantire maggiormente il lavoratore. Ed infatti i tempi sono brevi, il ricorso viene presentato in settembre ed il 20 dicembre, dopo meno di 4 mesi, viene fissata l’udienza. Un udienza di soli venti minuti per una causa affidata da sole 48 ore ad un giovane giudice del lavoro, in sostituzione di una collega postasi in aspettativa/maternità.
Nessun cenno al formale tentativo di "conciliazione tra le parti", che pure solennemente il "rito Fornero" prevede all’inizio del dibattimento. Due chiacchiere dei miei avvocati, qualcuna in più da parte del responsabile legale della Bnl che, bontà sua, alla fine di una arringa distruttrice, dove vengo descritto come un delinquente abituale o poco meno, offre una anno di mensilità come "compenso" di conciliazione, cosa che ovviamente rifiuto (sono un delinquente per aver prelevato 16.000 euro dal mio personale "zainetto", quindi comunque soldi miei, e poi me ne "regali" circa 40.000 per "conciliare"?). Un testimone-chiave a mio favore, credendo anche lui - avendo letto la nuova legge - al fatto che la prima udienza avrebbe dovuto essere destinata ad un serio tentativo di "conciliazione", che non si presenta in aula. Ed il giovane giudice, con l’aria pure tanto "progressista" e "alternativa", che ritiene inutile un rinvio per ascoltarlo, tanto, dice, "è tutto nelle carte".
Tutto questo, come dicevo, in soli venti minuti. lo scorso 20 Dicembre, con tre cause prima della mia ed altre quattro dopo la mia, tenute dallo stesso giovin magistrato, "efficiente", "tecnologico" e "progressista", capelli lunghi e barbetta tardo/contestataria, con tanto di quotidiano "de sinistra" in bella mostra sulla scrivania.
Passa una settimana ed arriviamo al 27 Dicembre. In mezzo c’è un solo giorno lavorativo, venerdì 21, e lo stesso giudice ha in programma per quel giorno altre 6 o 7 cause. Poi il 22 è sabato, il 23 è domenica, il 24 è la vigilia di Natale ed il tribunale è chiuso, il 25 è Natale, il 26 Santo Stefano. Il 27 pomeriggio mi chiama il mio avvocato per comunicarmi che il giudice ha respinto il mio ricorso, confermando il licenziamento. Quando le ha lette il giovin magistrato le famose "carte", un grosso faldone, sotto l’albero di Natale e col panettone in mano? E, ammesso che le abbia lette, ha avuto modo di capire, ad esempio, che tutta l’inchiesta penale nasce da una mia dichiarazione, in un incontro del sindacato Falcri di cui ero all’epoca Segretario di Coordinamento col Fondo Pensioni, dichiarazione di sostanziale ammissione personale di responsabilità fatta, forse troppo generosamente, per difendere una collega? E avrà capito il fatto che, se anche il Fondo Pensioni è un ente "terzo", il personale amministrativo con cui ci si confrontava in quell’occasione era personale dipendente della Bnl, espressione delle Risorse Umane, e che quindi quella mia incauta ammissione era come se l’avevo fatta direttamente alla Banca? La quale quindi non aveva nessuna necessità di aspettare quasi 8 anni, ed una sentenza comunque provvisoria, per prendere una eventuale decisione? Se quel lontano fatto, da me stesso pochi mesi dopo ingenuamente svelato, è tale da "far cadere il rapporto fiduciario", mi tieni quasi altri 8 anni, in gran parte dei quali non ho nemmeno svolto ruoli sindacali, a lavorare con tanto di password ed autorizzazioni di ogni tipo? Ed il giudice avrà capito il fatto che quella sentenza penale c’entra assai relativamente con il mio licenziamento? E questo non fosse altro perché una collega condannata nella stessa causa a pena doppia rispetto alla mia, se l’è cavata con una sospensione di dieci giorni ? E perché un provvedimento di sospensione è stato preso anche nei confronti di un altro collega che in quella medesima causa penale non era stato condannato?
Certo, nelle "carte" tutto questo c’era. Ma, ripeto, quel giovin magistrato le ha lette veramente? E pure attentamente, come meritavano? E quando? Il dubbio appare legittimo. Così come appare legittimo pensare che la "sveltezza" imposta a certe cause dalla riforma Fornero, tutto è meno che a favore del lavoratore. Magari, prima della riforma, anche se si aspettavano anni per una sentenza, si poteva però pure ritenere che il giudice avesse tutto il tempo per studiare attentamente le "carte". Ora, in quella allucinante catena di montaggio di cause e sentenze che si è venuta a creare, questa certezza non c’è proprio più.
Poi è ovvio che la mia vicenda ha ben altre implicazioni, tutte politiche. E che il misfatto vero e proprio, e non parlo solo del provvedimento di licenziamento ma anche di molti comportamenti/banca ad esso successivi, non è certo avvenuto in quella caotica e rumorosa aula di tribunale. E su questo ho intenzione di tornare con ampia citazione di fatti, avvenimenti e persone coinvolte, non solo nell’ambito strettamente Bnl, in un prossimo futuro.
Naturalmente, poi, si sta predisponendo il ricorso in appello contro questa sentenza del Tribunale del Lavoro, sperando in un esame più attento ed accurato della vicenda.
Saluti a tutte e tutti ed a presto.

La lettera, a dire il vero chiude con un Comunque, "no pasaran!". Frase che ha origine da un messaggio di Dolores Ibárruri ai soldati al fronte, durante la guerra civile spagnola in cui riprese la stessa frase attribuita al generale Robert Nivelle durante la battaglia di Verdun della Prima guerra mondiale, per incitarli a combattere contro le truppe del generale Franco, e che da allora, è stata adottata come slogan politico della lotta contro il fascismo. Uso rafforzato, dopo che, caduta Barcellona, Mussolini ebbe a pronunciare in un famoso discorso questa frase: "La parola d'ordine dei rossi era No pasarán!: siamo passati! E vi dico, vi dico che passeremo". E l'augurio a K. è  che così sia nella sua vicenda. Luigi, e=mc2 di nickname, che su Bella ciao commenta il post e cita un altro caso, osserva nel post scriptum: "L’atteggiamento aziendale nei riguardi di K. viene molto da lontano poichè egli era ed è, probabilmente, scomodo per l’attività sindacale che lo stesso ha sempre attivato tra molti silenzi (conniventi?) di altri Sindacati e sindacalisti anche nel e per il Fondo Pensioni BNL (n.d.r.)?  Ecco, forse, la chiave di lettura per il diverso atteggiamento dell’Azienda nei riguardi di altri Lavoratori che si sono ritrovati nelle medesime circostanze del citato; ma perdonati". Probabile, comunque la vicenda disorienta non poco logica, ragione e buonsenso. In un'era dove la "tecnica" è vincente, poi.

Maroni intervistato a Cernobbio

Nella clip di Tg Nord di Tele Padania le dichiarazioni di Roberto Maroni rilasciate ieri in risposta a domande di giornalisti. Siamo a Villa Erba a Cernobbio. Vengono ancora una volta ribaditi i punti salienti caratterizzanti il programma della Lega per le elezioni regionali e l'accordo fatto con gli altri partiti della coalizione di centrodestra.

Fini, una storia italiana

Oggi scriverò un'altra storia usando le clip archiviate su Youtube. È una delle tante possibili storie che si possono raccontare su uno dei più discussi esponenti dell'allegra brigata di residuati della prima repubblica che Monti ha raccolto nell'armata con cui, novello Landsknecht, Lanzichenecco, sta muovendo alla conquista dello Stivale. Come in tutti i percorsi di fabulazione, come i format televisivi ci insegnano una clip a mo' di premessa ci sta, un antipasto che può corroborare la successiva degustazione, per dirla con una metafora metabolica. Siamo nel novembre 2010, precisamente il giorno 11, la trasmissione Annozero di Santoro manda in onda un'intervista di Luca Bertazzoni ad Assunta Almirante, argomento l'ultima (allora) svolta di Gianfranco Fini.


Parafrasando Santoro, il racconto adesso può cominciare. Sigla! I Contromano introducono il tema di questo post con "Mamma, non sono più fascista".


L'errore fondamentale è stato fatto nell'aprile 2008 da Berlusconi e dagli ex An, quando, per togliersi dai piedi Fini, che era già d'impaccio, hanno pensato di ripetere l'escamotage in precedenza usato con Casini, di farlo presidente della Camera, per eliminarlo dall'attività politica di partito facendone un uomo delle istituzioni sopra le parti. Ma evidentemente un uomo, qualunque uomo, non lo si conosce mai abbastanza, e Berlusconi, che si vanta di essere un fine conoscitore degli animi umani, quella volta ha preso una cantonata pazzesca. Ahinoi, perché oggi ancora ne paghiamo le conseguenze.


Non è banalmente la promessa di dimettersi mai mantenuta relativa alla casa di Montecarlo a farci capire nel tempo l'illusione nel giudizio di Berlusconi. Il problema di Fini è tutto nelle parole, a ben ascoltarle, di Assunta Almirante.
La coerenza politica di Gianfranco Fini è messa in dubbio nella rete da moltissimi video creati da persone di destra, missini soprattutto che dalle giravolte del nostro si sono sentiti profondamente traditi. Per cui è difficile trovare una clip che non contenga scritte che testimoniano quella che viene vissuta come un'offesa personale. Così anche nella seguente che tramanda ai posteri un frammento dell'intervento di Fini al congresso MSI-DN di Sorrento del 1987, alla fine c'è l'innevitabile epiteto. Umanamente giustificabile, comunque, l'incipit del brano audio è inequivocabile: "Il nostro fascismo, cari camerati...".


Come inequivocabili sono i contenuti dell'appello agli elettori che Gianfranco Fini, segretario del Movimento Sociale Italiano, in occasione delle elezioni politiche del 5 e 6 aprile 1992 fece allora: un voto all'Msi-Dn per cambiare e punire la partitocrazia, di cui poi è diventato ed è uno degli esempi più sublimi quanto ad attaccamento alla poltrona.


Come anche testimonia la clip successiva che ci mostra sempre in quegli anni un Gianfranco Fini a Napoli. Il documento audio-video è notevole per un passaggio, quando cioè Fini si esprime su Bossi. Da ascoltare con molta attenzione, centellinando le parole come un vino d'annata. Pensando sul carro di chi oggi Fini si scarozza nella corsa elettorale.


La nostra storia si chiude con Piero Chiambretti che nei panni del portalettere, si reca alla sede dell'Msi per consegnare al segretario del partito Gianfranco Fini la cartolina di Andrea Barbato,.uno dei divertenti momenti della fortunata trasmissione Il Portalettere andata in onda tra il 1991 e il 1992.


Sul Web tal Savoldello di nickname, indubbiamente di destra stante l'incipit, commenta: "Bellissima la bandiera quadripartita con gli stemmi di Trieste, Istria, Fiume e Dalmazia. All'epoca esisteva un partito, un leader e un ideale. Oggi anche la destra è confluita nella Cloaca Maxima della politica italiana fatta di imbrogli, di demagogia, di accordicchi e di ladrocini. Non ci saranno più le bombe e il clima di tensione, per fortuna, ma non c'è neanche più nulla in cui credere. Già, e non c'è miglior storia di quella di Fini per rafforzare una simile considerazione.

mercoledì 16 gennaio 2013

Navi iraniane perlustreranno anche il Mediterraneo

Il contrammiraglio Habibollah Sayyari che è a capo della Marina iraniana, ha detto a Press TV che l'Iran dispiegherà una flotta di navi da guerra nel Mediterraneo: "La 24.ma flotta di navi da guerra della Marina perlustrerà l'Oceano Indiano settentrionale, il Golfo di Aden, lo stretto di Bab-el-Mandeb, il Mar Rosso, il canale di Suez e il Mar Mediterraneo per tre mesi e quindi navigherà fino ai paesi dell'Asia sud orientale". E ha aggiunto che la 23.ma flotta di navi da guerra ritornerà in patria la prossima settimana.
Riferendosi alla recente esercitazione della Marina, denominata Velayat 91, Sayyari ha detto che le manovre hanno dimostrato la capacità navale dell'Iran e la sua abilità nel contrastare qualunque minaccia contro gli interessi della Repubblica Islamica. Le esercitazioni durate sei giorni servivano a saggiare la capacità di "difendere i confini marittimi dell'Iran e di mantenere una pace duratura nella regione". Le manovre hanno riguardato una vasta area che includeva lo stretto di Hormuz, il Mare di Oman, il nord dell'Oceano Indiano, il Golfo di Aden e lo stretto di Bab-el-Mandeb.

Almeno 87 le vittime delle esplosioni nel campus di Aleppo

Emma Mancini nel suo articolo per Nena News riassume così la situazione conseguente alla doppia esplosione nel Campus di Aleppo in Siria. Scrive la Mancini che durante la notte il bilancio dei morti è continuato a salire: sarebbero 87 le vittime della doppia esplosione nel campus dell'università di Aleppo, uno dei più sanguinari dall'inizio del conflitto. Tanto sanguinario che nessuno pare intenzionato ad assumersene la responsabilità: secondo il governo di Damasco si è trattato di un attentato terroristico da parte dei gruppi di ribelli, che da mesi hanno il parziale controllo della città a Nord della Siria; le opposizioni puntano invece il dito contro l'aviazione del presidente Bashar al-Assad.
Ieri, aggiunge la Mancini, al momento dell'esplosione - partita nel settore che ospita il dormitorio, in un'area di Aleppo ancora sotto il controllo governativo - il campus era pieno di studenti nel primo giorno degli esami di metà anno, ma anche di rifugiati, ospitati nel campus a causa del conflitto. Ottantasette le vittime accertate, un numero che potrebbe salire ancora: "Potremmo arrivare a cento, ci sono parti di cadaveri ancora non identificate", ha commentato l'Osservatorio Siriano per i Diritti Umani. Oltre 150 i feriti, di cui molti in gravi condizioni. Secondo alcuni testimoni, le due esplosioni - secondo fonti del governo, provocate da due missili terra-aria - sono avvenute a stretto giro e in un momento della giornata in cui il campus era pieno di studenti. Ovvero, il piano era quello di provocare più vittime possibile in un luogo simbolo della rivolta contro il presidente Bashar al-Assad: "L'università di Aleppo resterà per sempre il simbolo della sollevazione del popolo siriano", ha detto uno dei membri dei Comitati di Coordinamento Locali, che in questi due anni hanno organizzato numerose manifestazioni di protesta contro Damasco.

La protesta degli ex lavoratori esposti all'amianto

Il Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio ha diffuso oggi un comunicato in cui si dà notizia che un centinaio di lavoratori delle ex grandi fabbriche di Sesto San Giovanni (Breda, Marelli, Falck) hanno protestato questa mattina contro l’atteggiamento antioperaio dell’INAIL, davanti alla sede regionale della Lombardia. Gli ex lavoratori esposti all’amianto, si legge nel comunicato, costretti a lavorare in reparti lager, come altri lavoratori e cittadini sottoposti alle fibre killer, hanno un’aspettativa di vita minore di circa 10 anni rispetto al resto della popolazione. Per questo, dopo dure lotte dei lavoratori, fu approvata nel 1992 la legge 257 che metteva al bando l’amianto, stabiliva la sorveglianza sanitaria e risarciva i lavoratori concedendo loro alcune agevolazioni in materia pensionistica poiché morivano prima. Con cavilli burocratici di ogni genere, l’INAIL finora ha continuato a non applicare la legge, negando la certificazione che permetterebbe ai lavoratori ex esposti amianto di andare prima in pensione, nonostante la loro esposizione sia certificata dai documenti del datore di lavoro e dall’ASL.
Da qui la protesta contro un atteggiamento dell‘INAIL giudicato lesivo della dignità, della salute, e dei diritti dei lavoratori.
Davanti alla protesta dei lavoratori vittime dell’amianto che attuavano il presidio, il direttore generale dell’INAIL regionale dott. Aniello Spina, si legge, ha ricevuto una delegazione del Comitato, che ha esposto le ragioni della protesta. Il direttore, riconoscendo la validità delle richieste e dopo essersi consultato con il direttore generale dell’INAIL di Roma, ha comunicato che tutte le pratiche giudicate negative dell’Ente in questi giorni verranno riesaminate in tempi brevi. Il Comitato ha fatto presente che non si accontenterà di belle parole e che giudicherà dai fatti l’impegno verbale dell’INAIL, preannunciando nuove mobilitazioni.

Nei prossimi tre anni un quarto di milione di sfratti

Gli sfruttati e sfrattati nei prossimi tre anni saranno almeno 250.000, un quarto di milione. L'allarme è lanciato sul sito Gli Internazionalisti in un articolo siglato mr. Questo, si legge, il numero ufficiale dato dal Viminale (ma ovviamente sottostimato). 250.000 nuclei familiari, oltre ai 150.000 attuali, che saranno sicuramente colpiti dalle sentenze di sfratto. Ciò significa circa 230 sfratti al giorno, quasi 10 all'ora. In totale, comunque, il numero delle famiglie in difficoltà in questo senso è di 5 milioni, ossia quasi 15 milioni di persone. Una marea di lavoratori, precari e pensionati che fino a qualche anno fa venivano considerati, dalla stampa borghese, la classe media. Adesso invece sono diventati semplicemente delle persone in difficoltà o, come piace chiamarli a Repubblica, "neo-poveri". Un balzo semantico degno di un atleta olimpionico utile ad evitare l'uso di quella parolina "eretica" che invece ci permette di identificare questa classe sociale in un colpo solo: il proletariato.
Dei proletari effettivamente sfrattati, continua l'articolo, finora, una parte è andata via dall'Italia, altri hanno semplicemente cambiato casa, muovendosi dalle zone centrali delle città verso quelle maggiormente periferiche e quindi meno onerose. Altri ancora sono tornati a vivere coi genitori (sempre che questi abbiano casa di proprietà e/o che siano molto longevi). L'effetto domino provocato dalla crisi, in questi ultimi anni, è stato immediato e sta ridefinendo la geografia delle metropoli, di due in particolare: Torino e Roma. La prima ha visto nel 2012 (dati sempre del Viminale, ricordiamo) ben 2.523 sfratti per morosità, la seconda invece 4.678 provvedimenti, così da renderla la città più colpita nello scorso anno.
A fronte di questi dati agghiaccianti, evidenzia l'articolo, troviamo una marea di appartamenti vuoti. In totale, in Italia, abbiamo quasi 700.000 alloggi invenduti, frutto non solo dell'esodo forzato cui viene sottoposto il proletariato, ma anche della speculazione edilizia che, nella sola Capitale, porterà nei prossimi anni una colata di cemento pari 100 milioni di metri cubi. Ed ecco il paradosso: secondo Federcasa servono "solo" 583.000 alloggi per soddisfare in pieno l'esigenza di abitazioni popolari. Un conto che non torna. Ma che torna benissimo per l'Ance (Associazione nazionale dei costruttori edili) che persegue la costruzione di 328.000 nuovi appartamenti ogni anno.

Renault taglierà in Francia 7500 posti di lavoro

Scriveva ieri Anna Maria Merlo, su ilmanifesto.it, che la Renault ha annunciato che taglierà in Francia 7500 posti di lavoro – su 54mila – entro il 2016. 5700 sono persone che andranno in pensione e non verranno sostituite. Per gli altri 1800, si apre una trattativa con i sindacati per estendere a tutte le categorie di lavoratori la possibilità di pre-pensione a 58 anni con il 75% del salario. Renault e Peugeot hanno avuto un anno nero nel 2012: le vendite di auto l’anno scorso sono crollate del 14%, ma Peugeot ha perso il 17,5% e Renault il 22,1%. Nel frattempo, Renault vuole però aumentare l’orario di lavoro in media del 6,5% e far lavorare in tutte le fabbriche almeno 35 ore (orario legale in Francia). L’allungamento dell’orario di lavoro fa parte della trattativa sulla competitività, in corso anche da Peugeot. Una trattativa che sta sollevando già molto scontento, con movimenti di protesta un po’ in tutti i siti di produzione. Le due case automobilistiche vogliono strappare maggiore flessibilità del lavoro e mobilità. Sono ormai il laboratorio dei nuovi contratti di competitività. Peugeot e Renault intendono importare in Francia il modello Volkswagen. Ma non sembrano aver nessuna intenzione di aumentare i salari se aumenta l’orario di lavoro. Renault fa leva sull’accordo raggiunto di recente in Spagna, dove i nuovi assunti sono pagati il 25% in meno.

Vodafone Spagna lascia a casa un quarto dei dipendenti

La redazione di Contropiano.org ha diffuso la notizia che Vodafone Spagna ha comunicato ai sindacati l'apertura di una consultazione sul piano di ristrutturazione che prevede 1.075 licenziamenti, il 25 per cento del totale. Entro 30 giorni da oggi le parti dovranno trovare un accordo che, secondo i sindacati, si annuncia "molto complicato". I sindacati sono preoccupati anche per il futuro dei dipendenti che dovranno lasciare il posto di lavoro, perché l'età media dei dipendenti di Vodafone Spagna è di 38 anni, quindi è pressoché impossibile avviare un processo di pensionamento. Nel marzo dello scorso anno Vodafone Spagna e sindacati raggiunsero l'accordo per il rinnovo del contratto collettivo che prevedeva, tra l'altro, la riduzione del 10 per cento del salario. Secondo gli ultimi dati relativi a Vodafone Spagna, nel primo semestre i ricavi sono scesi dell'11%, a 2,3 miliardi, a causa della crisi che ha determinato prezzi più bassi e un minor uso dei telefoni cellulari.

La Francia alza il livello di sicurezza

La Francia alza il livello di sicurezza a livello "rosso rafforzato" da quando hanno preso il via le sue operazioni militari in Mali. La Francia ha lanciato un'operazione militare in Mali la scorsa settimana per aiutare il governo di quel paese nell'arginare la pressione sul sud del Mali da parte dei ribelli islamisti che controllano la maggior parte del nord. La clip mostra soldati francesi che presidiano la capitale Parigi.

Bucce di banana

Quando il governo è in difficoltà c'è un latitante da sempre sfuggito alla cattura che finisce in gattabuia. Un classico. Nel caso di elezioni imminenti, altro classico, arrivano inchieste, processi, perquisizioni e quant'altro, che c'entrino o non c'entrino, che si potessero fare prima o dopo, ha poca importanza, ciò che conta è che siano le bucce di banana dei film comici del bel tempo antico, quelle fatte per far sorridere, queste per regalare qualche dubbio gratuito alle menti disattente della gente d'oggi che guarda la tv distrattamente e non si pone domande se quel che vede o sente sia o no solo spazzatura. Beve comunque tutto, e lo si vede dalla qualità dei commenti che presto riempiono le pagine web dei social network. Oggi l'occasione è stata la visita, in via Bellerio a Milano  e a Torino, della guardia di finanza per l'inchiesta sulle quote latte.
Nella clip sotto, realizzata da Alessandro Madron per il Fatto Quotidiano, Roberto Maroni, segretario della Lega Nord, al meeting "Dillo a Maroni!" di Villa Erba, nella conferenza stampa spiega le perquisizioni nell'ambito dell'inchiesta su presunte mazzette a politici per ritardare i pagamenti degli allevatori a Bruxelles: "Abbiamo fornito la più totale collaborazione. Forse gli inquirenti pensano che il Carroccio possa avere dei documenti solo perché in passato si è occupato di quote latte" e spiega appunto che quella delle quote è una vicenda chiusa da tempo in Lega.


Sotto il video della intera conferenza stampa, che parte proprio dalla questione della perquisizione della guardia di finanza. La qualità dell'immagine lascia un po' a desiderare, in quanto è una registrazione in diretta streaming.


Ma per completezza d'informazione ecco qui sotto nei due video allegati la giornata conclusiva del meeting.Dillo a Maroni, una due giorni di lavoro che rappresenta la prosecuzione di un ciclo di 'Stati generali' con la società civile iniziato a settembre Torino.
Prima parte:


Seconda parte:

Dati sconfortanti dal mondo del lavoro

Nella clip un servizio di Tg Nord che riporta i dati sulla cassa integrazione nel 2012. I dati relativi al mondo del lavoro sono realmente sconfortanti. Lo scorso anno si è registrato il picco del ricorso alla cassa integrazione.

L'arma di lotta che fa tendenza

Ieri, il canale YouTube di antefattoblog ha pubblicato una clip in cui il Fatto Quotidiano intervista Elvire Duvelle, una delle attiviste del gruppo francese, che domenica scorsa, 13 gennaio, ha protestato insieme alle femen ucraine, in Vaticano, durante l'Angelus del Papa. Il blitz rappresentava un attacco all'opposizione cattolica francese verso i matrimoni e le adozioni gay, su cui la Francia discute. Duvelle, nell'intervista, spiega il senso della protesta: "Il corpo svestito non è per Le Femen un'arma di seduzione, bensì uno strumento di lotta ed affermazione". Secondo l'attivista "un corpo nudo in una pubblicità non fa scandalo, mentre messo in un contesto politico diventa una cosa oscena". E ancora: "Il seno non è parte genitale, non capisco la differenza tra seno e torace maschile. Non c'è alcuna contraddizione tra concetto alto di femminismo e seni scoperti in Vaticano".

Bersani a Ballarò

La trasmissione Ballarò ha inaugurato ieri con l'intervista di Giovanni Floris a Pier Luigi Bersani, il suo format elettorale, consistente nella parte finale della trasmissione dedicata ad un leader delle forze politiche e delle coalizioni in corsa per le politiche del 24, 25 febbraio.

La politica desolata

Ricordate che doveva esserci la fine del mondo, in dicembre? Aspettando che quella profezia, la profezia dei Maya si avverasse entro la mezzanotte del 21 il canale Youtube ChiaroTondo  insieme al guru, come lo definisce, degl'imprenditori e commercianti, Luciano Imbriani, andava a vedere quali erano i volti nuovi profetizzati dalla nostra politica per uscire da questa crisi. Ah che bella ventata di aria fresca, si rallegravano, per dire. Le elezioni del prossimo febbraio dovrebbero rappresentare l'ingresso nella terza repubblica che tutto sa di prima. Ciò dovrebbe significare, dicono, un cambio netto nello scacchiere politico, con l'addio di "dinosauri" il cui compito si è esaurito ormai da tanto, troppo tempo. Ed invece? Si fa prima, osservano, a segnalare tutti quelli che hanno deciso di mettersi da parte come ad esempio Pierluigi Castagnetti e Massimo d'Alema. Ma per gli altri? Silvio Berlusconi, Gianfranco Fini, Rosy Bindi, Pierluigi Bersani, Pier Ferdinando Casini. Mastella! Insomma, questi alcuni dei nomi di coloro che continuano imperterriti nella loro storia politica nonostante gli argomenti si siano ormai ridotti all'osso, per non dire di peggio. E il Monti piombato sulla scena politica come un day after della mancata fine del mondo, che fa il Gesù di Nazareth che resuscita i morti. La fine del mondo dei Maya forse non è niente rispetto all'orribile spettacolo offerto in Parlamento dai partiti per salvarsi a vicenda e rimanere incollati su quelle poltrone costi quello che costi a discapito di noi cittadini, fanno intendere i due nella clip.


Non ci resta che ridere, per non piangere. A Ballarò ieri, 15 gennaio, Maurizio Crozza si è chiesto perché Silvio Berlusconi non sia stato invitato. Certo, ci avvrebbe sicuramente sorpreso e divertito, un altro spettacolo al confronto d'un Fini impresentabile, ributtante quasi se la parola non fosse troppo forte. Dopo l'incipit sul Cavaliere il comico,poi si rivolge agli ospiti in studio: "Ingroia, ma che riflessi ha?", riferito al gesto di mostrare i polsi di Berlusconi. E ancora, "invitare Fini e Tremonti è come voler fare un nuovo varietà con le gemelle Kessler". Non è mancato Bersani e la sua campagna "immobile", la Lombardia come l'Ohio e Formigoni nell'Area 51. Un dramma quando la satira si fa più interessante e vera della politica quanto ad argomentazioni sulla realtà.

Quel treno di scorie che parte da Salluggia

Nel vercellese, a Salluggia, ricorda il Fatto Quotidiano, sono stoccate circa l'80% delle scorie nucleari italiane. Buona parte di queste devono essere ancora trattate, operazione che avviene a Le Hauge, in Normandia, nord della Francia. Le scorie vengono caricate su speciali treni che attraversano il Piemonte e poi tutta la Francia. Secondo gli ambientalisti di No Nuke con il solo passaggio il treno emette radiazioni pericolose per chi si trova nelle vicinanze. La tossicità del convoglio rende necessario che gli amministratori locali vengano informati del passaggio del treno. Questo è il 4 convoglio, su 12 previsti e di volta in volta le informazioni sulle tempistiche dei passaggi si fanno più incomplete e difficili da reperire anche per gli amministratori. In Val di Susa i NoTav hanno tentato di attirare l'attenzione occupando i binari della stazione di Avigliana. La clip è di Cosimo Caridi per il Fatto Quotidiano.