sabato 19 gennaio 2013

In quattro anni persi 567mila posti di lavoro

Alla vigilia dello scoppio della Grande Crisi, nel 2008 - si legge su Liberazione.it - il tasso di occupazione in Italia era del 59%, pari a 23.518.000 persone: oggi la percentuale è del 56.9%, pari a 22.951.000 di occupati. In quattro anni di crisi, dunque, l'Italia ha perso ben 567.000 occupati. Lo segnala un'analisi dell'Osservatorio Cig-Occupazione della Cisl che sottolinea come i dati Istat del terzo trimestre 2012 rispetto al terzo trimestre del 2008, evidenzino un netto peggioramento dello scenario. «Infatti - spiega la Cisl - la stabilità del numero di occupati non può considerarsi un segnale di uscita dalle criticità, essendo dovuta all'aumento degli occupati con almeno 50 anni, a sua volta provocato dalla forzata permanenza al lavoro per via delle riforme pensionistiche» (merito del ministro Fornero).
A tale fenomeno corrisponde il calo di occupati delle fasce di età inferiori, soprattutto i più giovani (come volevasi dimostrare). Gli effetti della crisi - continua l'analisi del sindacato - si mostrano anche nella riduzione del lavoro a tempo indeterminato, mentre crescono i dipendenti a termine ed i collaboratori, e nella riduzione del tempo pieno con contestuale aumento del tempo parziale involontario. Come dire che senza lavoro flessibile e part time il calo dell'occupazione sarebbe ancora maggiore; la Cisl, inoltre, segnala che è ancora il settore industriale a mostrare chiari segnali di sofferenza. Non basta: dicembre 2012 si è chiuso con ben 86,5 milioni di ore autorizzate di cassa integrazione, che portano il totale, per tutto il 2012, a qualcosa come 1,09 miliardi contro i 973,2 milioni del 2011: il 12,1% in più. Con i dati definitivi del 2012 le ore di cassa integrazione si attestano intorno al miliardo per il quarto anno consecutivo, corrispondenti a circa 500.000 lavoratori mediamente coinvolti ogni anno. Rispetto ai valori pre crisi (2007) nel periodo 2008-2012 ci si assesta così su livelli di circa sette volte superiori. Il settore più in sofferenza è certamente il commercio, mentre l'area geografica più penalizzata è il Centro Italia.

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