venerdì 21 dicembre 2012

Business e diritti

Ieri, l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha condannato le violazioni dei diritti umani in Siria, Iran e Corea del Nord, chiedendo lo stop immediato di tutta una serie di atti che vanno dagli attacchi contro i civili alla tortura e a restrizioni della libertà di movimento. Ma non tutti i membri dell'Onu hanno mantenuto lo stesso voto nei tre casi, quasi a dimostrare che i diritti umani non sono un concetto assoluto, ma hanno un valore relativo, diverso a seconda del paese che si vuol sanzionare.
Così si è registrata l'unanimità, per la prima volta, su una risoluzione che sanzionava le violazioni dei diritti umani nella Corea del Nord e che esprimeva seria preoccupazione per "le sistematiche, estese e gravi violazioni dei diritti civili, politici, economici, sociale e culturali" in quel paese.
Con 135 voti a favore, 12 contrari e 36 astensioni, è passata una risoluzione che chiedeva la fine immediata delle "estese e sistematiche" grossolane violazioni dei diritti umani da parte delle autorità siriane.
Infine, è stata approvata una risoluzione che richiede all'Iran la fine dell'uso continuato della tortura, l'aboliziione della pena di morte e delle esecuzioni capitali di minori: 86 a favore della risoluzione, 32 contrari, 65 i paesi che si sono astenuti.
Tutto il mondo è paese, come si dice. Si barattano diritti universali irrinunciabili per garantire il proprio business, magari anche inconfessabile. Del resto anche da queste parti, anche se non così drammatiche, si sono viste di recente, seppure giustificate con salti mortali e arrampicature sui vetri da veri funamboli del diritto costituzionale, "cose che noi umani mai avremmo creduto di vedere" e non per la sicurezza o il benessere del paese, di tutti, ma per salvare le banche, il business, appunto, dei "poteri forti".

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