lunedì 7 gennaio 2013

Con Monti logiche da prima repubblica

Sorpresa, dunque. Passera ha spiegato oggi sul Corriere il suo «non ci sto» con la compagine di Monti, e non è certo stato reticente. "Si è persa una grande occasione, io credevo al progetto di una lista unica Monti sia alla Camera sia al Senato. C'è un grande mondo che non si riconosce né con la sinistra - soprattutto se condizionata dalle componenti estreme - né con l'antipolitica né con Berlusconi. Avevo dato la mia disponibilità a candidarmi, senza pretese di ruoli presenti o futuri. Fino a poche ore prima di quella riunione del 28 dicembre sembrava tutto fatto. Durante la riunione hanno prevalso le posizioni di Italia Futura, di Montezemolo, di Riccardi, di Casini. Ho preso atto e me ne sono tirato fuori, ma non farò mancare il mio sostegno a Monti".
Il motivo? Molto chiaro: "Non si è creata quella nuova formazione forte e chiara che io auspicavo ma un insieme di liste collegate che certamente faranno un buon lavoro, rimanendo però esposte alle vecchie logiche di corrente".
Ma se qualcuno avesse qualche "strana" idea, Passera è ben chiaro: "Non accetterei mai di candidarmi contro Monti".
Interessante, per contro, è come Passera si immaginava la lista unica che doveva sortire: "Doveva innanzi tutto essere una cosa nuova, chiara e non legata a strutture preesistenti, con figure di primo piano sia della società che della politica beninteso, in particolare del mondo dell'impresa, delle professioni, dell'economia sociale con una grande attenzione ai temi della famiglia e della solidarietà, che oggi non sono rappresentati come sarebbe giusto che fosse. Avrei voluto un programma in alcuni punti più coraggioso. Una svolta più radicale". Per "negazione", dunque, sappiamo cosa la coalizione Monti non è.
E sull'agenda: "Mi è dispiaciuto non rivedere richiamato con più forza, anche nei simboli, il concetto di Agenda per l'Italia, anche se sul tema dei contenuti sicuramente si sarebbe potuto lavorare a una piattaforma più completa. Siamo tutti d'accordo che non serve un Monti-bis, ma un percorso di lavoro per i prossimi cinque-dieci anni che costruisca anche un modello di società nel quale i cittadini possano riconoscersi. Una società più dinamica, ma anche più coesa e dove il privato profit, il privato non profit e il pubblico condividano le responsabilità dello sviluppo sostenibile".

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