Avevo già accennato in precedenza, che vi sono più "agende" o, per fare gli spiritosi, più "piani di rinascita democratica" portati avanti parallelamente sul terreno della politica che mirano a stessi obiettivi, seppure con sfumature profondamente diverse, tali comunque da farli distinguibili tra di loro. Una è l'agenda Monti, che non nasce oggi, ma aveva usato finora altri mezzi, più nascosti e diretti per indirizzare, quelli tipici dei potentati, delle lobby economiche e finanziarie, accontentandosi di controllare la scena politica in maniera, come si dice nel gioco moderno degli scacchi, "indiana". Ora avendo decisamente cambiato strategia e optato per quella "ortodossa", ma non avendo una propria base elettorale, ovvero un partito e un apparato in grado di portarla a competere nella corsa elettorale, gli estensori hanno pensato bene di raccattare quei rottami centristi che già si erano usati come leve in passato per instradare gli eventi interessanti il governo del paese alla bisogna. Prima Casini, poi Fini, inutilmente, tanto da passare alla fine alle modalità viste nel novembre 2011.
Poi, non nascondiamolo, c'è un'agenda Bersani, che ancora non ha mostrato fino in fondo le carte in mano. Atto finora, vero, non necessario in quanto l'eredità dei vecchi idealismi di sinistra gli garantisce ancora una base di consenso solida. E le primarie ne sono state una testimonianza.
La terza agenda è quella in mano a Berlusconi, che ricalca molto della prima, o meglio in molti punti convergente con la prima, e che si ispira, non è certo un segreto, a molte idee e modi di quel piano di rinascita che un tempo fu considerato eversione. Si dice molto spesso, parlando di Berlusconi e della sua propaganda, che è "populismo", dando al termine una accezione non propria, cioè intendendo un darla a bere al popolo, un mescere cose che il popolo vuol sentirsi dire, per carpire la buona fede ed alla fine farsi gli affari propri, agire ad personam, per se stesso. Il termine populismo significa altro, prendendo in mano un dizionario: per estensione (il termine originario si riferisce al movimento politico russo della fine dell'Ottocento che puntava alla formazione di una società socialista di tipo contadino, contraria all'industrialismo occidentale) indica un'ideologia che è caratteristica di un movimento politico o artistico che vede nel popolo un modello etico e sociale. Ora, l'ideologia che permea il Popolo della libertà non mi sembra tale, quanto piuttosto, per la storia di una componente, più incline a riferirsi all'assistenzialismo del fascismo sociale.
Quello di Grillo è populismo sì, con buona approssimazione. Già, c'è la quarta agenda di Grillo, o meglio quella di Casaleggio e Associati. Di questa però dirò in un post a parte.
Poi infine c'è il quarto polo, gli arancioni, che non è il quarto stato, ma un gruppo di onesti cittadini che intendono percorrere un sentiero di testimonianza. Dei Pelizza da Volpedo, convinti della necessità di un impegno sociale e umanitario nella politica d'oggi.
Ma in realtà la partita elettorale si gioca tra le prime tre agende, per molti aspetti sovrapponibili. Ed è questo il problema per noi elettori, scegliendo uno, rifiutando il consenso all'altro o al terzo, di non cadere dalla padella nella brace. È inverno, non è tempo questo di andare al mare, cerchiamo di informarci il più possibile e a 360 gradi. Non accontentiamoci di ascoltare una sola sirena per quanto a noi la più gradita, ma approfondiamo soluzioni vere proposte e soprattutto prospettive del dopo. Se Monti ha ragione in qualche cosa, ha ragione in questo, anche se detto da lui suona pro domo sua: non è più il tempo di fidarci dei nostri ideologismi, delle etichette che troviamo sulla propaganda confezionata. Andiamo oltre. Facciamo per la prima volta un gesto veramente consapevole.
Ed a proposito di consapevolezza, dalla lettura dell'Unità di oggi traspare la sensazione che finalmente, al di là delle dichiarazioni di maniera, parte del Pd cominci a realizzare che il proprio nemico, la tigre da abbattere non sia il Cavaliere, ma il Professore che sta operando come una calamità sul consenso di certa parte della base democratica.
Non solo la vignetta di Staino che mette alla berlina lo stupore per le dichiarazioni dell'ultim'ora di Monti, ma anche i titoli cominciano a mostrare i segni di chi comincia a capire che qualcosa non sta andando per il verso giusto. Così si titola "Meno tasse ma solo a parole. Monti alla radio promette tagli fiscali e non dice come. Attacchi a Fassina e Vendola". E ancora: "La risposta del centrosinistra. Il Pd: il professore scivola nella demagogia". E "Fassina a l'Unità: «La lista del premier sembra il Rotary». Contrordine, compagni? Se fosse, meglio tardi che mai.
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