Serata di notevoli eventi ieri. Monti si è recato al Colle per un colloquio con il "grande fratello d'Italia" per comunicare la sua intenzione di dimettersi dopo l'approvazione della legge di stabilità. Dopo aver disanguato lavoratori e pensionati e quella che fino ad un anno fa era la classe media, per altro sangue non restava, come sempre, che la borghesia intoccata e intoccabile, di cui tra l'altro è parte (e da quando cane mangia cane? come del resto si è abbondantemente visto in quest'anno). Più che opportuno, quindi, cogliere al volo, col suo gabinetto tecnocratico di non eletti, il ritiro della fiducia da parte di Berlusconi e farne la causa scatenante delle prossime dimissioni.
Ma un Berlusconi che oggi va dicendo che la politica di Monti ha danneggiato il paese, d'altra parte, dovrebbe far riflettere. Non occorre affidarsi al complottismo per supporre che il suo abbandono, un anno fa, senza lottare, com'è sempre stato invece nelle sue corde, fosse frutto d'un ricatto, fondato, chissà?, sulle sue vicende giudiziarie, o, la fantasia vola, magari verso le sue aziende. E se oggi ritorna in campo probabilmente è perché ha visto che i "fratelli d'Italia" non sanno mantenere parola e patti. Ovviamente, tutto questo inchiostro è solo un'ipotesi di primo mattino davanti ad una tazza di tè, un'idea abbozzata magari per inventarsi un romanzo di fantapolitica.
Cambiando un paio di consonanti ci troviamo in Egitto. L'altro fatto rilevante di ieri è infatti la rinuncia del presidente Morsi, dopo giorni di proteste e sangue sparso in piazza Tahrir, al decreto con cui assegnava a se stesso poteri assoluti e la sua appertura al dialogo con le opposizioni sul referendum costituzionale indetto per il prossimo 15 dicembre. Decisivo, a quanto sembra, nel forzare la decisione di Morsi è stato l'intervento dei militari che il presidente egiziano intendeva coinvolgere affidando con una legge all'esercito il diritto di procedere all'arresto di civili. Attraverso un portavoce dei militari è arrivato l'avvertimento al non coinvolgimento: "I militari si rendono conto della loro responsabilità nel mantenere l'interesse supremo della nazione e la sicurezza". E, dunque, la paura di un colpo di mano militare ha fatto novanta, e, come ha comunicato il governo egiziano, "il decreto costituzionale è annullato da subito".
Le vicende egiziane del dopo Mubarak, così mediterranee come mediterraneo è ormai del tutto il nostro paese, dovrebbero insegnare qualcosa anche a noi, che ci troveremo tra non molto in una "primavera" italiana.
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