venerdì 7 dicembre 2012

Saviano, no grazie

Scrive Andrea Indini su Il Giornale online: "È bastato un mezzo annuncio per farli scatenare. La pletora anti Cav, ancora inebriata dalla vittoria di Pier Luigi Bersani sul berlusconiano Matteo Renzi, ha reagito subito d'istinto al ritorno in campo del Cavaliere. I desaparecido hanno serrato i ranghi e sono partiti all'attacco contro il nemico comune. Lunghi editoriali sul Financial Times, invettive calunniose da parte di Roberto Saviano, battutacce da Serena Dandini. Insomma, gli anti Cav sono tornati". E commenta: "È sempre il solito teatrino. Comici, intellighenzia rossa, columnist, editorialisti hanno rispolverato le armi, per tornare a occupare televisioni, quotidiani, trasmissioni radiofoniche e agenzie stampa. Dopo un anno di silenzio, si sono risvegliati di colpo".
Già, come sempre il peggior nemico della sinistra è la sinistra stessa, o meglio certa sinistra, quella che si crede depositaria del "verbo", che pontifica sempre, a proposito e a sproposito cosa è di sinistra e cosa non lo è; e quel che è peggio, chi è di sinistra e chi non lo è, acuendo le divisioni. Quella sinistra che ha fatto negli ultimi vent'anni dell'antiberlusconismo il proprio programma di governo. Col solo risultato di consegnare il paese ai banchieri e regalare la politica ai comici.
Invece di farsi forti del grande risultato partecipativo delle primarie e contare sulla rinascita dell'idea di un governo possibile, probabile della sinistra, seppure senza la prospettiva di voli pindarici verso un'utopia, oggi ancor più irrealizzabile di ieri, capace di mettere comunque al primo posto il lavoro ed una equità reale difronte alla crisi fondata sulla solidarietà sociale, eccoti qua l'armata Brancaleone, ha ragione Indini, che butta tutto alle ortiche pur di dedicarsi allo sport preferito di dire peste e corna sul Cavaliere. Rischiando di vanificare l'eccellente lavoro fatto da Bersani fin qui. L'antiberlusconismo integralista rischia davvero con la sua cecità politica di far risorgere dalle ceneri la fenice di Arcore, allontanando molto del consenso extra, recuperato con una intelligente azione che mirava a riportare la gente alla politica attiva, rendendola protagonista di scelte di prospettiva. Buttare tutto per dedicarsi a battaglie di retroguardia, invece di marciare alla testa di chi ha voglia di costruire un'Italia che sia davvero un irrinunciabile bene comune per tutti, significa dichiararsi da subito perdenti. Ed è ben evidente che con i perdenti nessuno si schiera.

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