mercoledì 28 novembre 2012

Morire di minoranza

Scrivo di Rifondazione perché, dopo il Pd, è l'unico partito con una sede a Brembio; entrambe sezioni, Pd e Prc, discendenti dal vecchio Pci che nel 1970 aveva conquistato l'amministrazione comunale, facendo, negli anni, del Comune un vero e proprio feudo rosso nel Lodigiano. Ma non dirò di leggende locali. Ieri il manifesto ha pubblicato un'intervista al suo segretario, Paolo Ferrero, che dà una sua interpretazione delle primarie; interpretazione che per una serie di motivi non è utile lasciar passare in silenzio. Per la sinistra stessa.
Ci sono state le primarie. L'analisi di Ferrero è questa: "Nonostante il gran battage pubblicitario, le primarie hanno raccolto un milione di votanti in meno di quelle del 2005. Un crollo che parla del distacco tra il paese e l'alleanza che sostiene il governo Monti. In questo contesto Vendola non sfonda e il suo risultato conferma il carattere moderato di quell'aggregazione". Benissimo, ma Ferrero fa finta di dimenticare che nel 2005, primarie dell'Unione, Rifondazione partecipava al voto, addirittura aveva un candidato, Bertinotti, che, secondo, riportò 631.592 voti, il 14,69%. Certo i votanti allora furono più di 4 milioni 300 mila, contro gli oltre 3 milioni e 100 mila di oggi, ma anche si dimentica che il risultato di Bertinotti fu inferiore alle aspettative, in flessione rispetto alle precedenti consultazioni elettorali. Sconsigliare da una parte, come si è fatto, gli elettori di sinistra ad andare a votare a queste primarie, considerate una mera resa dei conti all'interno del Pd, e poi, tenuto oltretutto conto che son passati 7 anni, che in politica sono, per così dire, un tempo astronomico, definire una partecipazione comunque notevole un crollo dovuto al fatto che il Pd sia nell'accrocchio che sostiene Monti, è troppo gratuito. Dire poi che Vendola non sfonda è disconoscere che, nella mutata situazione avversa, creata anche dall'assenza della sinistra "radicale", il governatore pugliese ha ottenuto un risultato migliore (percentualmente), di quello di Bertinotti, che allora andava bene: 15,6%. Oggi no: il suo risultato conferma il risultato moderato di quella aggregazione, si dice.
Anche il giornalista gli osserva che il 2005 "era un'altra era politica fa: Rifondazione era unita, non c'era stato il disastro del 2008, né Grillo, né la marea del non voto". Ma Ferrero è irremovibile nella sua visione: "Ciò non toglie che si possa parlare di riduzione della partecipazione. Il dato politico oggi è che la proposta di una sinistra all'interno della coalizione Italia Bene Comune non ha prodotto il ribaltamento sperato. Anzi, l'affermazione di Renzi dice esattamente il contrario".
Rifondazione, insomma, si affanna nella critica perché intende tirarsi fuori da una realtà che vede, piaccia o no, il Pd, o, se si vuole, il centrosinistra, un soggetto politico, pur con tutte le sue limitazioni, progressista e da cui, comunque, non si può prescindere se si intende puntare a guidare il paese con intendimenti di sinistra.
Il quarto polo, un polo tutto a sinistra, un polo "casa in cui tutti si sentano a casa", è oggi mera speranza, ed il passato insegna. Ma anche il presente; in più parti del "movimento" si avanzano perplessità su un'alleanza con i partiti, anche quelli come Rifondazione che non stanno con il Pd. Glielo ricorda il giornalista. "È una discussione in corso" è la risposta di Ferrero. Ma la difficoltà è tutta in quel "riconoscimento reciproco di chi ha fatto opposizione fin qui", che Ferrero pone come una delle due cose che devono "stare assieme" per arrivare al traguardo. Facile a dire, ma difficile da realizzare, come facilmente si constata surfando nei siti della sinistra alternativa e dei vari comitati che hanno in questi anni sviluppato "da sinistra" iniziative anche importanti. Già, e poi c'è sempre la questione dei numeri, se si parla di governare. Un fattore ineludibile per fare del quarto polo qualcosa di diverso da "una discussione di quattro in una stanza". Non bastano i No Tav o un No Monti Day per aggregare un elettorato sufficiente. Il concetto di "avanguardia", per chiudere, ha fatto il suo tempo. È il caso di farsene una ragione.

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