giovedì 8 novembre 2012

Un bravo per i compiti fatti a casa

Oggi il quotidiano Il Cittadino pubblica la replica al mio commento sulla precedente risposta al sig. Sergio Fogagnolo, presidente dell'Anpi di Melegnano. Ecco di seguito il testo della lettera che la redazione del giornale ha titolato, prendendo spunto dall'incipit, "Finalmente ha fatto i compiti a casa":
Gentile direttore,
Prendo atto che il signor Fumich ha finalmente corretto e integrato la sua precedente lettera in cui citava solo la Costituzione. Ha fatto i compiti a casa e si vede. Bravo!
Tuttavia, la replica piccata richiede qualche breve precisazione. In precedenza, ho semplicemente affermato che esiste «un quadro legislativo preciso col quale la Repubblica democratica ha stabilito i limiti entro cui un partito può esercitare la sua azione politica, senza il timore di essere accusato di voler fare risorgere il fascismo.» Mi fa piacere che finalmente anche Fumich ne abbia preso atto.
È necessario ricordarlo a causa del risorgente fascismo striciante che si tollera in ogni sede, anche giornalistica (da qui la mia prima lettera, dopo la quale ho preso atto che la mia opinione e quella del direttore sono divergenti). Senza parlare della toponomastica, usata per sdoganare personaggi a dir poco discutibili del fascismo; per fare un esempio, vale la pena di citare il recentemausoleo dedicato al criminale di guerra Graziani, realizzato, per di più, sottraendo risorse alla destinazione legittima (realizzazione di un parco pubblico), che ha suscitato indignate reazioni all’estero, nella quasi indifferenza nostrana. Indifferenza che è bene ricordarlo è il primo passo verso l’assassinio della memoria, come suggerisce lo storico francese Pierre Vidal Naquet.
Dire poi, tautologicamente, che spetta alla magistratura, e non a me, decidere della legittimità di un partito o di un’associazione, significa mettermi in bocca parole che non ho mai detto (scritto). Per inciso, che quelle associazioni o partiti siano fascisti, non è una mia opinione ma una loro orgogliosa rivendicazione.
Mi vien da dire, orgoglio di che? Che il fascismo abbia preso il potere con la violenza? Nel triennio nero (1919/22), le spedizioni “punitive” delle squadracce fasciste fecero circa tremila morti. Che il fascismo fosse violentemente contrario al sistema democratico e al parlamento? Che abbia fatto un uso politico dell’assassinio per sbarazzarsi dei suoi più agguerriti oppositori? Che abbia scatenato guerre di aggressione (guerra di Spagna, d’Etiopia e 2GM [60 milioni di morti]) e la sanguinosa guerra civile (circa 100 mila morti tra le due parti)? Che abbia emanato le vergognose leggi razziali (circa 40mila morti, prevalentemente nel periodo 1943/45)?
Per quanto si voglia sottoporre la storia e la storiografia a un «giudizio più equilibrato e obiettivo», questi sono fatti inconfutabili.
Per il resto, consiglierei a Fumich la lettura [del] libro di Emilio Gentile (allievo di Renzo De Felice e storico del fascismo di fama internazionale) «Fascismo. Storia e interpretazione» e del suo recentissimo «E fu subito regime. Il fascismo e la marcia su Roma».
Infine, sostenere che, chiedere il rispetto delle leggi che limitano l’operato dei partiti che si richiamano al fascismo, «contraddirebbe proprio quegli ideali della Resistenza posti a fondamento oltre sessant’anni fa della nostra Repubblica», mi sembra davvero una bestemmia. Ribadisco che, capitalizzando la tragica esperienza fascista, il quadro normativo intende preservare la libertà di tutti perché, negli anni 20, il fascismo utilizzò gli strumenti democratici e parlamentari per prendere il potere, con la violenza e con le conseguenze che tutti conosciamo.
Fumich vuole forse ripetere quell’esperienza? Se sì, si accomodi; ma mi auguro che sia disposto a pagarne personalmente il prezzo. Quanto a me, non ci tengo proprio: lamia famiglia e io abbiamo già dato.
La ringrazio per la cortese attenzione e la saluto cordialmente.
Sergio R. Fogagnolo
Presidente Anpi Melegnano


Poiché il lettore ha la possibilità di seguire su questo blog tutto il carteggio finora pubblicato, può confrontando i testi da solo chiosare quest'ultimo ed individuare i punti dove c'è qualche voluto misunderstanding e qualche gratuita attribuzione. Non mi interessa personalmente sottolinearli, né qui né altrove. Peraltro alla lettera del presidente Anpi melegnanese ho già risposto in tarda mattinata con un altro mio commento che pubblicherò qui, sul blog, quando avrà trovato spazio sul giornale.
Mi piace invece accennare al problema vero: quello cioè di poter studiare e discutere gli eventi storici del Ventennio e della lotta partigiana senza pregiudizi o preconcetti di sorta o tesi e verità preconfezionate, seppure esse talvolta possano trovare la loro motivazione nel vissuto personale.
Non dimentichiamo che il professor Renzo De Felice, così frequentemente citato dal mio intelocutore, si trovò contro la storiografia ufficiale, quando nel 1965 pubblicò il libro "Mussolini il rivoluzionario", proprio non piacendo quella sottolineatura, da lui fatta circa la formazione politica di Mussolini, della matrice di sinistra. Per non dire poi dello scandalo suscitato dal libro pubblicato da Laterza nel 1975 "Intervista sul fascismo", che scatenò contro il De Felice una sorta di caccia alle streghe non solo nell'ambiente accademico, ma anche tra i politici, appioppandogli gratuite accuse di revisionismo, di voler riabilitare il Ventennio e mettendolo all'indice perché sospettato di filofascismo. Una spiegazione dell'accanimento del 1975 la diede recentemente in un intervista al Corriere del Mezzogiorno lo stesso Michael Arthur Ledeen che nel libro era l'interlocutore di De Felice: "Nell’«Intervista» Renzo disse, per la prima volta, che comunismo e fascismo in un certo senso avevano lo stesso codice genetica: erano figli della rivoluzione francese. E questa — che oggi tutti riconoscono una banale verità — era un’affermazione tremenda per la sinistra. Indigeribile".

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