Oggi, sul quotidiano Il Cittadino l'ennesima lettera del Fogagnolo in risposta all'ultima mia, che, per chi avesse orecchie per intedere, doveva ragionevolmente chiuderla lì. Risponderò in giornata con alcune precisazioni. Qui annoto solo frettolosamente che il mio interlocutore non sembra aver compreso il senso dell'ultima mia, ma anzi la prende come un andare sul personale in mancanza di argomenti. Cosa che non è. La lettera del padre, da me citata, è un alto esempio degli ideali che hanno animato quanti in tempo di fascismo dominante hanno giocato la loro vita per far trionfare quei Valori sui quali la nuova Italia avrebbe dovuto essere costruita. E' una lettera che andrebbe, soprattutto oggi, riletta con attenzione al suo insegnamento, valido ancora. Seconda cosa, il mio interlocutore infarcisce i suoi scritti di citazioni autorevoli quanto spesso scontate, consiglia a piene mani letture, forse per dar un peso alle proprie argomentazioni, ma trascura, con una palese inclinazione all'autoreferenzialità, di informarsi, cosa evidente nell'ultima parte della lettera, almeno su chi sia il suo contraddittore. Non che me ne importi più di tanto. Dico solo che, così facendo, ecco il facile attribuire ad altri pensieri, atteggiamenti, interpretazioni, quando non parole, supposti retoricamente per propria comodità, che però non sono loro propri. Il mestiere della tolleranza e della democrazia è un mestiere difficile da imparare e da esercitare. Anche da chi può ritenere d'averne le stigmate.
Caro direttore, quando la realtà dei fatti non coincide più con i propri schemi ideologici e non si hanno più argomenti, è facile scivolare dal piano generale a quello personale. Fumich, dopo aver dovuto prendere atto che esiste un quadro legislativo che limita, in termini precisi, l’attività politica di un partito, vietando qualsiasi richiamo al nefasto partito fascista, mi attacca sul piano personale.
Non sono disposto a seguirlo su questa strada; quindi, dopo questa mia risposta, non darò alcun seguito ad altre sue missive. Non su questo argomento, almeno. Mi permetta, però, alcune precisazioni per dovere di informazione verso chi ci legge.
A proposito della strage nazifascista di piazzale Loreto va precisato che, dei 18 responsabili di quella strage (14 nazisti e 4 fascisti, dice il rapporto della polizia militare inglese del 21 maggio 1946), due soli hanno pagato il loro debito con la giustizia. Uno è il comandante del plotone di esecuzione ricordato da Fumich; l’altro è capitano delle SS Saevecke, allora responsabile nazista della sicurezza militare della piazza diMilano, condannato all’ergastolo dal Tribunale militare di Torino nel ‘99. Ma Saevecke non ha scontato un solo giorno di galera, per la tarda età e per il rifiuto dell’estradizione da parte della Germania. Il suo processo si è potuto celebrare solo alla fine degli anni ‘90 perchè il fascicolo della strage fu illegittimamente nascosto dai vertici della magistratura militare per oltre 50 anni, nel cosiddetto «armadio della vergogna». Nel frattempo, gli altri responsabili sono tutti morti. Ci sarebbe molto da dire su uno Stato che, a parole, celebra la Resistenza e, nei fatti, nega giustizia ai famigliari delle vittime delle stragi nazifasciste; ma questa è un’altra storia e preferisco fermarmi qui.
Ciò malgrado, la mia vicenda personale non ha alcun peso nella valutazione oggettiva di ciò che, da tempo, è avvenuto e avviene nel nostro Paese. Malato di infantilismo politico, esso non è stato e non è in grado di assumersi le responsabilità della tragica eredità fascista (la posizione di Fumich ne è una dimostrazione), né è stato capace di fare i conti con il passato e di attuare quel processo di defascistizzazione dello Stato, che pure era uno degli obblighi imposti dal Trattato di Pace di Parigi del 1947. Ne consiglio la lettura perchè esso contiene le sanzioni applicate all’Italia a causa della guerra di aggressione fascista, superficialmente dichiarata e catastroficamente persa; sanzioni che sarebbero state ancora più dure se non ci fosse stata la Resistenza (di cui si richiama il ruolo
positivo in una delle premesse del Trattato) che riscattò, almeno in parte, la dignità del Paese. Tra le altre, contiene anche le sanzioni territoriali che riguardarono sia i confini orientali (che, a giudicare dal nome, Fumich dovrebbe conoscere bene), che quelli occidentali, efficacemente difesi dal governo De Gasperi dal revanscismo della Francia, offesa dalla «pugnalata nella schiena».
E, a proposito del Trattato, suggerisco la rilettura delmagistrale discorso che il grande statista trentino tenne il 10 agosto 1946 alla Conferenza di Pace, davanti alla platea dei vincitori, decisamente ostile: una lezione di dignità, di moralità e di diplomazia che meriterebbe di essere studiata nelle scuole e che dovrebbe imparare a memoria, per punizione, chi, recentemente e molto indegnamente, si è paragonato a lui. Per inciso, nessuno statista europeo si è mai permesso di ridere alle spalle di De Gasperi (e del Paese), per il semplice motivo che era più che adeguato e consono al suo ruolo!
La storia, diceva lo storico francese Marc Bloch, è il presente che interroga il passato per proiettarsi verso il futuro. Quale possa essere il futuro del nostro Paese, ce lo racconta la recente sentenza della magistratura che sanziona quanto è avvenuto nella caserma della polizia di Genova Bolzaneto, durante il G8 del 2001: i vertici della nostra polizia sono stati condannati per aver permesso la tortura di innocenti dimostranti, mentre gli agenti inneggiavano al duce e cantavano inni fascisti. Quei vertici sono ancora lì. O le bombe fasciste di piazza Fontana, rimaste impunite. O il fatto che, nel Tribunale di Lodi, qualche anno fa, c’era e forse c’è ancora un funzionario di polizia giudiziaria che aveva (ha?) impunemente decorato il suo ufficio di numerosi simboli fascisti.
C’è da meravigliarsi, allora, se ai funerali di Rauti, come sugli spalti di certe partite di calcio, ci sono giovani che inneggiano al nazismo e al fascismo, probabilmente senza neppure sapere cosa furono e quali disastri fecero in Europa e nel mondo?
Il mio impegno e quello dell’ANPI è proprio quello di portare questo Paese a fare, finalmente, i conti con il suo passato per guardare serenamente al futuro e costruirne uno migliore, in cui i valori della tolleranza, della democrazia e della rappresentatività parlamentare siano alla base della convivenza civile tra coloro che hanno opinioni politiche diverse. Cordiali saluti.
Sergio R. Fogagnolo
presidente Anpi Melegnano
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