Nei giorni scorsi i due comitati locali per le primarie del centrosinistra, quello pro Renzi e quello pro Bersani (altri, in queste lande politicamente desolate della Bassa lodigiana, mancano all'appello) hanno distribuito alla popolazione il relativo materiale di propaganda. Oggi ho deciso di affiancare sul mio tavolo di lavoro i fogli con le proposte, e di confrontare parallelamente i 10 punti del volantino "Bersani 2012 - Il coraggio dell'Italia. 10 idee per cambiare", con i 13 punti dei renziani "Un'altra Italia è già qui: basta farla entrare". Un titolo, quest'ultimo, in un certo senso emblematico, che però più d'uno da queste parti ha buttato lì, celiando ovviamente, un "Adesso si capisce il perché di certe adesioni".
Al di là della battuta di sapore locale, altrove forse incomprensibile e gratuita, ciò che sorprende, e mi ha in un certo qual modo impressionato, è che leggendo, per così dire, in parallelo le due diverse proposte vien da chiedersi dove stia il nuovo e dove il vecchio. Faccio un paio di esempi per spiegare il dubbio e la perplessità.
Scrive il comitato pro Renzi al punto 1, riguardante politica e democrazia: "Dimezzare i parlamentari e i consiglieri regionali, consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti, cancellare tutti i vitalizi, abolire il finanziamento pubblico ai partiti e favorire quello privato con il 5 per mille e donazioni trasparenti. Rivedere il patto di stabilità per i Comuni e premiare quelli virtuosi". Una evidente raccolta di slogan di tendenza, certamente non di poco conto se realizzati, se non altro perché provvedimenti del genere sarebbero il "panem" per placare l'antipolitica. Ma che, oltre allo svuotare (forse) le tasche di parlamentari e partiti, lascia tutto com'è, una casta, impoverita certo, ma sempre casta. E quel "consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti" per paradosso lo conferma, certificando il fossato tra partitocrazia e popolo. Nuovo o vecchio questo? Decisamente vecchio.
La seconda delle "idee per cambiare" del comitato pro Bersani afferma: "La politica deve recuperare autorevolezza, promuovere il rinnovamento, ridurre i suoi costi e la sua invadenza in ambiti che non le competono. Serve una politica più sobria, disposta a fare sacrifici e a riconoscere autonomia e spazio alla società civile". Ecco il nuovo: una politica che torni ad essere semplicemente quello che dovrebbe essere, un servizio alla comunità e non il suo tiranno. Il concetto è ribadito anche nella idea 8 riguardante i "beni comuni", là dove si dice: "L'autogoverno locale deve offrire spazi e occasioni alla sussidiarietà, alle forme di partecipazione civica, ai protagonisti del privato sociale e del volontariato".
Anche sull'idea di Europa si osservano analogie. Da una parte (Renzi) si legge: "Europa dal basso: meno tecnocrazia, più integrazione. Puntare all'elezione diretta del Presidente europeo. Vero potere legislativo al Parlamento europeo. Politica estera e difesa comuni. Programma di mobilità per far studiare all'estero il 25% degli studenti e servizio civile europeo. Rifinanziare il Fondo Sociale europeo". Dall'altra (Bersani) meno provvedimenti slogan, ma una linea di azione più che ipotetici "che fare", che misurerà la sua valenza in decisioni concrete, di cui il risanamento del nostro Paese è parte: "Avanti verso gli Stati Uniti d'Europa, solo così si superano la crisi e i problemi. La riscossa dell'Italia passa anche per il rilancio del progetto europeo. Ma con un'agenda diversa. Austerità ed equilibrio dei conti pubblici sono concetti privi di significato senza occupazione, investimenti, ricerca e formazione".
Ed è proprio la questione "lavoro" che distingue i due comitati di sostenitori ed i loro leader. Sinceramente alle elencazioni sul da farsi frammentate in diversi punti del foglietto pro Renzi, preferisco la consapevolezza della sua centralità a fondamento, come recita la carta costituzionale, di questa repubblica, che trovo nel volantino pro Bersani: "Il lavoro è la possibilità offerta a ciascuno di noi di trasformare la realtà. Non rappresenta esclusivamente la produzione, ma è al contempo rete di relazioni, equilibrio psicologico, progetto e speranza di vita. Fondare sul lavoro la ricostruzione del Paese non è solo una scelta economica, ma l'investimento decisivo sulla qualità della nostra democrazia". Affermazione che fa il paio con la successiva: "Negli ultimi dieci anni l'Italia è divenuta uno dei Paesi più diseguali del mondo occidentale. Si esce dalla crisi solo se chi ha di più è chiamato a dare di più. E chi ha meno viene aiutato a migliorare le proprie condizioni di vita".
Non siamo qui alla "lista della spesa", ma di fronte ad una "filosofia" politica che, se concretata, traccia la strada maestra per ridare fiducia a quanti si sono visti vessati dal governo dei "tecnici" per la follia qualunquista dell'ultimo ventennio (andrei oltre i dieci anni) che ha avuto come risultato il redistribuire ai ricchi i vantaggi economici e far pagare ai più poveri sprechi e dissoluzioni di una casta partitocratica trasversale che ad ogni livello ha gozzovigliato alla grande.
Si è capito; Renzi, che pure ho seguito nel suo cammino, non mi convince. Un elenco di modernità non è modernità; è solo una lista di cose sentite necessarie dal vivere d'oggi, Come "rottamazione" è solo uno slogan.
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